• Rifiuti radioattivi ieri oggi e domani: un problema collettivo
  • Il nuovo report di Legambiente fa il punto sull’eredità nucleare italiana
  • Il problema del traffico e smaltimento illegale e sulla situazione europea
  • Preoccupano in Italia i traffici e la gestione illecita di rifiuti e materiale radioattivo

L’Italia no nuke, oltre a dover gestire la pesante eredità lasciata dalle centrali e dai depositi nucleari collocati in siti inidonei, pericolosi e spesso a rischio di esondazione, si trova a dover far i conti con il grande problema del traffico illecito di rifiuti radioattivi, causati anche dall’elevato costo di smaltimento. Un settore su cui la criminalità organizzata ha già da tempo puntato gli occhi. È quanto torna a denunciare Legambiente con numeri e dati alla mano raccolti nel nuovo report lanciato in vista del X anniversario dall’incidente di Fukushima, in cui tratta il tema in questione facendo anche una panoramica della situazione a livello nazionale ed europeo.

La gestione dei rifiuti radioattivi in mano a criminali?

Preoccupano i numeri sulle illegalità nella gestione dei rifiuti radioattivi: in Italia dal 2015 al 2019, il lavoro svolto dall’Arma dei carabinieri, attraverso il Comando Tutela Ambiente e il Cufa, ha portato alla denuncia di 29 persone, con 5 ordinanze di custodia cautelare, 38 sanzioni penali comminate e 15 sequestri effettuati a seguito dei 130 controlli effettuati. Secondo Legambiente occorre poi ricordare che l’Italia è in ritardo sulla realizzazione del deposito unico nazionale per i rifiuti a media e bassa attività. La pubblicazione della CNAPI, arrivata ad inizio gennaio, rappresenta un primo passo al quale deve però seguire per Legambiente un percorso trasparente, partecipato e condiviso con i territori.

Una consultazione pubblica

In Sicilia, dice Legambiente, al momento abbiamo assistito solo a una levata di scudi contro l’ipotesi che il deposito unico nazionale potesse sorgere qui, senza però che si tenesse presente la questione –  nazionale e regionale insieme – della continua produzione di rifiuti nucleari a media e bassa intensità. “L’avvio di una consultazione pubblica nazionale – dice l’associazione ambientalista – ci sembra una scelta da salutare con estremo favore, tanto è vero che i nostri circoli sono già al lavoro per partecipare alla consultazione con le osservazioni per i siti siciliani”. In Sicilia  sono presenti 6 impianti autorizzati all’impiego di sorgenti di radiazioni, ovvero materie radioattive e macchine generatrici di radiazioni ionizzanti di categoria A, a Catania (n.3), Palermo (n.2), Messina (n.1), a cui si aggiungono tutte le strutture ospedaliere o di laboratorio che fanno uso di tali macchinari.

Problema rifiuti radioattivi

“Se non vogliamo rinunciare al grande apporto positivo che la medicina nucleare ci dà in termini sanitari, non possiamo non occuparci anche dei rifiuti che ne derivano”. Ecco perché Legambiente non ha fatto parte di coloro che si sono strappati le vesti alla notizia della pubblicazione della CNAPI (Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee). In ultimo ma non meno importante è la questione dell’apporto industriale nell’uso di sorgenti radioattive. “Osservando il cosiddetto Indice di Trasporto, mentre a livello nazionale il maggior contributo è dato dalla medicina nucleare (con una media del 90%), dato nazionale a cui si allineano la maggior parte delle province siciliane, lo stesso non può dirsi per le province di Caltanissetta e Siracusa in cui l’IT per la medicina nucleare è rispettivamente del 16% e del 25%, il che ci fa presumere che la restante parte sia legata agli usi industriali di tali materie, ad esempio nella saldatura dei metanodotti e gasdotti. Non ci sembra un caso infatti che proprio sulle province di Caltanissetta e Siracusa insistano rispettivamente i poli industriali di Gela (CL) e Priolo Augusta (SR)”.