La Procura di Palermo ha chiuso l’indagine per peculato a carico dell’ex pm Antonio Ingroia. L’avviso di conclusione dell’inchiesta, che precede la richiesta di rinvio a giudizio, è stato notificato nei giorni scorsi ai legali dell’ex magistrato, gli avvocati Francesca Russo e Mario Serio.

L’indagine nasce da una segnalazione della Corte dei conti relativa al periodo in cui Ingroia, su nomina dell’ex governatore Crocetta, era stato amministratore della società regionale Sicilia e-Servizi. L’inchiesta poggia su due aspetti: quello dei rimborsi indebiti e quello dell’indennità di risultato incassata, a dire della Procura, illegittimamente dall’ex pm.

Appesa la toga al chiodo e tentata, senza fortuna, la strada della politica, con il flop elettorale alle Politiche del 2013 con la sua lista Rivoluzione Civile, Ingroia viene nominato liquidatore di Sicilia e-servizi, società in house della Regione a capitale interamente pubblico.
Per tre mesi, nel 2013, ricopre l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la baracca ottiene utili per circa 150mila
euro. Un successo? Per lui sì evidentemente, visto che, bypassando l’assemblea dei soci, si liquida in conflitto di
interessi, secondo l’accusa, un’indennità di risultato di 117 mila euro.

Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, il pm Piero Padova titolare dell’indagine, punta il dito contro l’ammontare
dell’indennità. La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. Stipendio fissato per Ingroia in 50 mila euro, ma che per il 2013, avendo lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore. Peraltro la somma intascata dall’ex manager – il neogovernatore Nello Musumeci non l’ha confermato –  riduce l’utile della società informatica della Regione a poco più di 33 mila euro. Nel conto di Ingroia, insomma, finisce poco meno dell’80% degli utili della società.

Sotto inchiesta, poi, finiscono anche rimborsi per spese di viaggio. Dovuti solo per i trasporti, diceva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso ha firmato. In 20 mesi di viaggi tra Roma, città in cui vive da quando ha lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della società, solo di alberghi e ristoranti ha speso 37 mila euro. Hotel di lusso come il celebre Villa Igiea, storica residenza scelta da Giulio Andreotti nelle sue trasferte processuali nel capoluogo, e locali glamour come il “Castello a Mare” dello chef Natale Giunta, tutti pagati dalla Regione.
Indebitamente, dicono i magistrati che l’accusano di peculato.

“Apprendo che la Procura ha ‘concluso’ le sue indagini su di me. Ne prendo atto e sono tranquillo perché non ho commesso nulla di illecito e ho invece denunciato le gravi ruberie di altri nella società che ho amministrato facendo io risparmiare decine di milioni di euro ai siciliani” commenta Ingroia.
“Sono orgoglioso – aggiunge – di essere l’unico che nella storia ha fatto scendere il bilancio di una società pubblica siciliana dalla cifra oscena di centinaia milioni di euro sperperati a discapito della comunità europea e dei siciliani onesti, fino a 7 milioni di euro. Ho denunciato alla procura di Palermo gravi misfatti, ancora aspetto di sapere l’esito delle mie denunce e che fine hanno fatto tutti quei milioni di euro erogati dalla Comunità europea e spariti nel nulla. Milioni di euro che sarebbero stati utili alle scuole, agli ospedali e alla comunità”.
“Si facciano pure tutte le indagini possibili su di me – continua – Non ho alcun problema, augurandomi che la procura abbia il tempo anche per leggere la recente sentenza della Cassazione a sezioni unite che di fatto esclude ogni configurabilità del reato per cui si è indagato su di me. Ma mi preme di più, invece, che si faccia chiarezza, e quindi si avvii una indagine vera, su quei finanziamenti milionari che ho denunciato appena arrivato alla guida della società. Mi auguro – conclude Ingroia – che la Procura che ha ‘chiuso’ le indagini su di me, abbia almeno ‘iniziato’ le indagini sui ‘ladri’ che io ho denunciato. E sia soddisfatta la mia domanda di verità e giustizia”.