Palermo

Ristoratori, parrucchieri e comuni del Sud ricorrono al Tar contro il decreto Conte “Discriminati dal dpcm su fase 2”

Sono tutti piccoli e medi imprenditori, soprattutto ristoratori, parrucchieri e estetisti, quelli che stamani hanno impugnato davanti al Tar del Lazio il Dpcm Fase 2 emanato lo scorso 26 aprile dal premier Conte. Il ricorso contiene istanza di sospensione delle misure che prorogano la chiusura indiscriminata delle loro attività, già fortemente penalizzate dal lockdown e ora a rischio di tracollo. Sostenuti dall’Associazione ‘Imprenditore non sei solo’ che si costituirà come interveniente ad adiuvandum nel procedimento, i ricorrenti sono imprenditori del Sud Italia, dislocati tra Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna.

“Il Governo – spiega il presidente dell’Associazione Paolo Ruggeri – non solo ha disciplinato un ambito coperto da riserva di legge con un atto di natura amministrativa, quale è appunto il Dcpm. Ma ha anche violato il principio costituzionale di ‘non discriminazione’. Non ha tenuto conto, infatti, della situazione delle singole regioni. E ha disciplinato allo stesso modo la chiusura di locali ed esercizi commerciali sia in quelle con un numero trascurabile di contagi, sia in quelle in cui la diffusione del virus è ancora alta. Penalizzando ulteriormente il Sud. E discriminando categorie che, invece, potrebbero ripartire nell’osservanza delle distanze e delle altre misure di sicurezza”. Nel ricorso, a firma degli avvocati Ibba, Giungato e Cappelli, si evidenzia anche che ‘qualora la delega al Presidente del Consiglio attraverso il pur censurato meccanismo del decreto legge fosse legittima, questi avrebbe comunque ecceduto dai poteri conferitigli, esercitandoli senza rispettare i limiti di ‘adeguatezza’ e ‘proporzionalità’, e senza considerare l’ ‘evolversi della situazione epidemiologica’. Come previsto invece dal decreto stesso.

“Lo Stato sta mettendo molti medi e piccoli imprenditori in una situazione economica e psicologica di grande stress – dice Ruggeri – La maggioranza non ha ancora ricevuto i 600 euro, né i prestiti garantiti dallo Stato, né per i dipendenti è scattata la cassa integrazione. Con ricavi bloccati e costi fissi da sostenere, alcuni danni saranno irreparabili. In questa situazione, ancora quattro settimane di chiusura sono un tempo infinito. Da quando è iniziata la crisi la nostra Associazione ha ricevuto migliaia di chiamate da aziende in difficoltà di tutta Italia. Per ridurre l’impatto abbiamo fornito loro ogni tipo di assistenza: marketing, gestionale, legale. Continueremo a farlo. I nostri avvocati, Verde e Ballai, sono già a lavoro per tutelare i nostri interessi e sostenere le azioni legali degli imprenditori”.

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Ma non sono solo gli imprenditori a considerare il decreto irragionevole. L’ufficio legale del comune di Trapani ha notificato un ricorso al Tar contro il Dpcm, emesso per limitare il contagio da Covid-19, del 26 aprile scorso. Gli amministratori giudicano il decreto “irragionevole, rispetto ad una curva epidemiologica – come sostenuto dagli esperti – sotto controllo, almeno in Sicilia ed in provincia di Trapani in particolare”.

“Siamo consapevoli che sarà il tribunale amministrativo regionale a decidere ma non arretreremo di un centimetro nel sostegno alla nostra comunità ed alle attività imprenditoriali, che rappresentano il motore economico della nostra città”. Afferma il sindaco Giacomo Tranchida: “il governo ha annunciato una probabile riapertura a partire dal 18 maggio per molte attività. Siamo fiduciosi che ciò avverrà”.

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