L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, era mossa da uno “spasmodico desiderio di assicurare alla propria famiglia un tenore di vita molto più elevato delle proprie possibilità”.
Lo scrivono i giudici della corte d’appello di Caltanissetta che hanno condannato Silvana Saguto a 8 anni e 6 mesi di reclusione per corruzione, concussione e altri reati. Le motivazioni della sentenza sono state depositate oggi. In 1214 pagine il collegio ricostruisce il comportamento del giudice, frattanto radiato dalla magistratura, le sue relazioni, le nomine e le assegnazioni di incarichi.
Il sistema di nomine degli amministratori giudiziari
Secondo i giudici Silvana Saguto avrebbe dato vita a un “sistema” di nomina degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia scegliendo solo professionisti di sua fiducia, in primo luogo l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara a sua volta condannato a 7 anni e 6 mesi. In cambio l’ex giudice avrebbe ricevuto favori, regali e benefici economici di grande entità
Corte appello, anche il marito nel ‘sistema’
Nel “sistema” creato dall’ex giudice Silvana Saguto c’era anche il marito Lorenzo Caramma, che è un ingegnere. Nelle motivazioni della sentenza, viene ribadito che l’avvocato Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari, avrebbe conferito a Caramma incarichi di consulenza ben retribuiti per pratiche che non erano gestite dalla moglie. Questo rapporto, secondo i giudici, aveva in realtà una motivazione diversa da quella apparente. Era infatti “occasione di retribuzione di Silvana Saguto quale prezzo della sua corruzione”.
L’ex giudice e il professionista avrebbero instaurato un rapporto di scambi di interessi durato nel tempo. Per questo l’ing. Caramma è stato condannato a 6 anni e due mesi. La sentenza ricostruisce poi le fasi cruciali del “patto corruttivo”. Sono soprattutto le intercettazioni telefoniche a rivelare che Saguto chiedeva e otteneva dall’avvocato fascicoli e “documenti” che, secondo i giudici, erano in realtà “provviste economiche”. Le richieste si facevano più pressanti quando, a causa di un elevato stile di vita, i conti della famiglia andavano in sofferenza facendola precipitare in una “crisi finanziaria avente tratti estremi”. Il processo ha ricostruito una fitta trama di rapporti di interesse in cui è coinvolto anche il figlio Emanuele (condannato a 4 mesi) che avrebbe avuto un aiuto particolare nel completamento del suo corso di studi da un docente universitario,
L’area franca del sistema
Carmelo Provenzano, anche lui inserito nel giro delle amministrazioni giudiziarie. Condanna a 3 anni anche per l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, amica della dottoressa Saguto, coinvolta in episodi marginali. Il processo, annota ancora la corte presieduta da Marco Sabella, ha messo a fuoco un progetto dell’ex giudice che pensava di allargare i confini del suo “sistema”. Da Trapani a Caltanissetta pensava di creare un “bel triangolone”, una sorta di area franca delle misure di prevenzione nella quale inserire persone di stretta fiducia.
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