Con un sentimento di mestizia e angoscia, le vacanze natalizie di quest’anno vanno in archivio. L’anno appena arrivato si presenta carico di nuove sfide. E non parlo soltanto della crisi economica che da oltre dieci anni assedia la Sicilia. La nostra piccola e meravigliosa isola – è notizia delle ultime ore – è nuovamente il baricentro di un Mediterraneo in fiamme. A pochi chilometri dalle nostre coste si combattono guerre civili ed appena un po’ più ad Oriente, scoppiettano le scintille di un conflitto dal possibile carattere globale.

Guerre e conflitti in lingue, culture e religioni per noi spesso incomprensibili, ma che ci vedono, volenti o nolenti, parte dello scacchiere in movimento, per il solo semplice fatto di essere base strategica e militare, scrigno della potenza atlantica. Non so per quale alchemico mistero, questa condizione di instabilità e precarietà che respiriamo, mi induce a parlare di “saldi”, antica tecnica commerciale, retaggio del periodo fascista, che consiste nel proporre agli avventori prodotti e servizi a prezzi scontati.

Qualche lustro fa, i saldi erano, perdonate il gioco di parole, un caposaldo delle strategie economiche di una famiglia. Ogni acquisto veniva rimandato a quel periodo aureo forti dei proventi della 13 mensilità. Una vera e propria festa laica, appena successiva al Natale e al Capodanno, che consentiva a tutti i membri di una famiglia di poter rinnovare il proprio guardaroba. Questa tecnica commerciale, inutile prenderci in giro, non funziona più, non serve quasi a niente.

Nell’epoca della globalizzazione, con il commercio online in costante crescita, regolamentare per legge tempi e modalità dei “saldi” è un esercizio fuori dal tempo. Il mondo è una costante vetrina virtuale in saldo. A fare le spese di questa mutazione genetica e digitale delle nostre abitudini, sono i commercianti.

Da oltre dieci anni, in Sicilia, migliaia di imprese provano a resistere alla crisi economica. E migliaia sono le saracinesche che si abbassano ogni anno per non rialzarsi mai più. Qualcuno direbbe che si tratta della legge del mercato. A me, piuttosto, sembra la legge della giungla. Piccole botteghe artigiane, negozi a conduzione familiare, non sono stati soltanto un presidio dell’occupazione e dello sviluppo economico della nostra regione. Sono stati anche strumenti del decoro urbano, hanno guidato la crescita delle nostre città, ne hanno segnato il perimetro e lo stile. Per migliaia di realtà commerciali, questo periodo dei saldi, rappresentava l’occasione per fare cassa e per reinvestire sulla propria attività.

Siamo di fronte a una sfida dal carattere epocale per il mondo del commercio. Da questo profilo, i saldi sono uno strumento antiquato che non soddisfa i consumatori (che già hanno speso il loro budget per il black friday di novembre e per lo shopping natalizio) e non rassicura i commercianti. I più accorti tra loro hanno iniziato a lavorare online, a creare file list per fidelizzare i clienti, assicurando prezzi convenienti anche al di fuori di quella fascia protetta che è appunto il periodo dei saldi.

I saldi 2020 in Sicilia – e lo dicono le associazioni di categoria di commercianti e consumatori – saranno un flop annunciato. Ma esistono strade e strategie per rilanciare il commercio. Serve una buona politica, in grado di condurre per mano lo sviluppo del territorio, coniugandolo con il reale sostegno alle attività economiche.

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