Liste d’attesa interminabili, errori in corsia, ingenti risorse statali che vanno a finire in mani sbagliate, qualità dei servizi erogati fortemente discutibile e sperperi, in alcuni casi a vantaggio del Nord.

La sanità pubblica nazionale è continuamente tormentata, nel frattempo la Sicilia fa fatica ad onorare il diritto alla salute dei suoi cittadini. Il perché lo abbiamo chiesto a Toti Amato, alla guida dei medici siciliani dell’Omceo di Palermo da oltre vent’anni.

Può sintetizzare l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale?

“La sanità pubblica si sviluppa sulla base di tre diversi livelli di competenza gestionale: statale, regionale ed aziendale. Volendo riassumere, al primo competono la definizione dei livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti Lea, che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, la determinazione dei criteri generali di finanziamento e la stesura del Piano sanitario nazionale. Alle Regioni spetta la programmazione e la governance dei servizi attraverso il Piano sanitario regionale, che stabilisce le regole di finanziamento locali, i modelli di pianificazione e i parametri della gestione pubblico-privata. Poi c’è il management aziendale, che deve applicare quanto è stato stabilito dal governo nazionale affinché i servizi erogati siano efficaci e rispondano ai criteri di economicità e ai bisogni delle persone”.
Il ministro alla Salute Lorenzin ha detto che i nuovi Lea permetteranno di erogare su tutto il territorio le stesse prestazioni già garantite in alcune regioni e per questo ha messo in campo 800 milioni di euro

“E’ una cifra ridicola, inizialmente la cifra prevista era di 3 miliardi. I soldi sottratti sono serviti al governo per compensare il taglio delle prestazioni pubbliche previsto dal decreto Appropriatezza, contestato duramente dalla Fnomceo. E’ vero che le restrizioni sono passate da 200 a una quarantina, ma le risorse destinate alla copertura delle 160 prestazioni riammesse sono state tolte ai Lea. Quindi il quadro generale di una sanità pubblica estesa a tutti resta identico. Anzi peggiorerà perché le Regioni non potranno assolutamente raggiungere il pareggio di bilancio e saranno costrette a tagliare agli ammalati servizi fondamentali”.

Farmaci, nomine, appalti, negligenza medica. Transparency International Italia, raccogliendo i dati, ha dato la maglia nera al Sud, compresa la Sicilia, premiando solo quattro regioni. Dopo la Campania, la Calabria e la Puglia, la Sicilia si piazza al quarto posto. Seguono a ruota Lombardia e Umbria. Non sarà per questo che il Sud viene sempre penalizzato?

“E’ una grande impostura. Al netto degli sperperi, corruzione, poltrone e mafia, che non si possono negare, è la sottostima delle risorse che servono ad alcuni territori, perpetrata dai vari governi che si sono avvicendati nell’ultimo ventennio, che continua a creare disagi alla nostra sanità. Di recente un medico calabrese, Giacinto Nanci, ha inviato al procuratore Nicola Gratteri un’accorata lettera, che cito perché arriva da un professionista che si misura quotidianamente con le stesse disfunzioni. Spiega così la grande frode delle risorse destinate al Sud: “Il riparto dei fondi sanitari alle regioni è basato sul criterio della popolazione pesata che assegna più fondi alle regioni che hanno più anziani e meno fondi alle regioni che hanno più giovani come la Calabria, la Campania e un po’ tutto il sud Italia. La Calabria fin dal 1999 riceve quindi fondi non per i suoi due milioni di abitanti ma per come se ne avesse un milione e novecentomila. A ciò si aggiunge che la Calabria purtroppo ha molti più malati cronici del resto d’Italia”. Per curarli “sono stati spesi circa 100 milioni in più ogni anno”, una spesa che aumenta con il viaggi della speranza verso il Nord per gli ammalati che si aggravano. Questo significa che, pur avendo risparmiato, la Calabria non ha potuto rispettare il Piano di rientro imposto dal ministero. Lo stesso accade nella nostra sanità.

Già parliamone…

“Riguardo invece all’immagine di una Sicilia terra di scandali, clientelismo e corruzione, vorrei ricordare ciò che è sotto gli occhi di tutti: la Lombardia nella classifica si piazza al quinto posto, subito dopo la Sicilia. Da vent’anni è coinvolta in scandali giudiziari per appalti pilotati e malaffare, da Poggiolini a Poggi Longostrevi fino a Mantovani. L’ultimo caso ha portato all’arresto di Fabio Rizzi, il presidente leghista della Commissione Sanità e Politiche sociali del Consiglio regionale. Questo non vuol dire assolverci. Il punto è che la sanità, al Sud come al Nord, è un grande serbatoio di voti e di finanziamenti pubblici, in cui soldi e nomine nei posti chiave rappresentano la merce di scambio. Ma non per questo devono passare in secondo piano le professionalità di quanti lavorano nella sanità siciliana, che andrebbero sostenute con progetti di sviluppo dalle istituzioni regionali in tutte le sedi nazionali preposte. Il riconoscimento Fellowship Program 2016, conquistato ieri dall’Azienda Villa Sofia-Cervello, è solo l’ultimo dei premi conquistato”.

Quindi?

“E’ l’intero sistema ad essere malato. Andrebbe, non soltanto monitorato e perseguito, ma combattuto preventivamente con strumenti più adeguati, in ogni luogo e a tutti i livelli. Ma mi lasci dire una cosa”.

Prego…

“In Sicilia c’è chi ha perso la propria vita per difendere il valore della salute e delle istituzioni. L’ultima commemorazione è di ieri, in ricordo del direttore dell’Istituto di Medicina legale del Policlinico universitario, Paolo Giaccone, assassinato dalla mafia l’11 agosto del 1982. Nonostante gli elevatissimi rischi, lottò ogni giorno in silenzio, per difendere le sue responsabilità pubbliche. E’ molto più di un esempio. E’ una pietra miliare di antimafia, quella vera”.