“La riscrittura dei Lea è un’occasione, ma il governo dovrà essere il garante non di principi astratti, ma di tutele reali esigibili in tutte le Regioni in modo obbligatorio. Perciò è necessario che le nuove disposizioni generali garantiscano in modo preciso e puntuale quei livelli essenziali di assistenza che qualunque cittadino italiano possa chiedere e rivendicare, tanto al Nord quanto al Sud. Diversamente sarebbe immorale”.
Così Toti Amato, presidente dei medici siciliani riguardo all’ultima revisione dei Lea – i livelli essenziali di assistenza – inviata alle Regioni dal ministro della Salute.
Secondo il presidente dell’Ordine è “giusto attribuire in maniera inconfutabile allo Stato il ruolo di garante del diritto alla tutela della salute purché il contenimento della spesa non intacchi la qualità e la quantità dei servizi erogati e assicuri un’omogenea erogazione dei Lea anche alle Regioni che purtroppo non hanno dimostrato grandi performance”.
“Lo scenario di questi ultimi anni – prosegue Amato – non conforta. Continuiamo ad assistere ad una razionalizzazione dei costi del Ssn con il taglio di prestazioni e personale, facendo così della salute un bene di lusso. Con il risultato di enormi disparità tra le regioni più virtuose e quelle strutturalmente più deboli, come la Sicilia. Il risparmio c’è stato, ma non è un caso che il calo della spesa sanitaria non sia stata compensata dalla spesa privata, che nel Sud è scesa ulteriormente. Questo vuol dire che chi ha un redditto basso ha rinunciato a curarsi”.
“La riforma del Titolo V del 2001, che puntava ad un federalismo solidale, non ha funzionato – sottolinea Amato -. Nella realtà l’autonomia di gestione delle Regioni ha finito per creare in ogni territorio un sistema sanitario differente, determinando disuguaglianze fortissime nella qualità e nella quantità dei trattamenti, specie nel Meridione, dove i livelli di erogazione dei servizi risultano ad oggi inadeguati”.
“E’ vero che lo Stato è intervenuto, ma non per eliminare le sacche di inefficienza e di cattiva gestione da parte di una politica spesso più attenta al tornaconto personale che alla salute dei cittadini, ma utilizzando i Piani di rientro, che stridono non poco con la riqualificazione dei servizi e la loro sostenibilità su cui puntava la riforma del 2001”.
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