E’ scontro fra politica e antimafia, o forse fra fazioni politiche diverse nel giorno che conclude l’anno dedicato al trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Uno scontro che sembra la prosecuzione di quello avvenuto in campagna elettorale a Palermo.

La manifestazione

L’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, teatro del maxiprocesso alla mafia, adesso porta il nome di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i due giudici che istruirono il primo atto d’accusa alle cosche mafiose. Una intitolazione, decisa dalla commissione permanente della Corte d’Appello del capoluogo siciliano nel trentesimo anniversario delle stragi costate la vita ai due magistrati, seguita da una cerimonia solenne alla quale hanno partecipato il Capo dello Stato Sergio Mattarella, i ministri della Giustizia e dell’Interno Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, i vertici degli uffici giudiziari palermitani, il procuratore di Roma e alcuni familiari delle vittime della mafia come Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato a Capaci.

La mafia per la prima volta alla sbarra nel suo complesso

Nel luogo che vide per la prima volta alla sbarra i vertici di Cosa nostra sono stati ricordati il valore e l’opera di Falcone e Borsellino che con il loro lavoro infransero il mito dell’invincibilità della mafia. “In quest’aula, esempio unico di efficienza nell’edilizia giudiziaria, costruita in sei mesi per lo svolgimento del maxiprocesso, grazie al lavoro unico di Falcone e Borsellino, alle loro intuizioni e alla loro rivoluzionaria consapevolezza della specificità di Cosa nostra si è potuto celebrare un dibattimento che ha segnato la storia della lotta alla mafia”, ha detto il presidente della corte d’appello di Palermo Matteo Frasca che ha ricordato anche gli attacchi subiti in vita da Giovanni Falcone. Un tema, quello dell’isolamento del giudice ricordato anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Falcone e Borsellino erano svincolati dalle parrocchie ideologiche. Le maggiori critiche vennero loro rivolte proprio da una parte della magistratura e furono critiche che addolorarono l’ultimo periodo di vita di Falcone, ma lui non si arrese”, ha sottolineato il Guardasigilli.

Due magistrati nel mirino

Di ferita mai rimarginata ha parlato, sempre a proposito degli attacchi subiti dai due magistrati, anche il vicepresidente del Csm David Ermini. “Nella magistratura si è fatta ammenda ma la ferita sarà cicatrizzata solo quando si arriverà alla piena verità sulle stragi”, ha ammonito. E della necessità che siano dissipati i misteri che avvolgono ancora gli attentati del ’92 ha parlato anche il presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio. Alla intitolazione dell’aula hanno partecipato anche gli studenti di alcune scuole palermitane: “i ragazzi di oggi nel ’92 non erano nati ed è nostro dovere trasmettere loro la memoria di una stagione di lutti, ma anche di successi”, ha detto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia.

La chiusura al teatro Massimo

La giornata, che chiude le cerimonie del trentennale delle stragi, si è conclusa al Teatro Massimo con la rappresentazione del Requiem per le vittime della mafia scritto dopo gli attentati di Capaci e Via D’ Amelio da sette musicisti. Una decisione, quella di celebrare il ricordo delle vittime con la musica, presa nella convinzione che la mafia si combatte anche con l’arte.

Il polemico botta e risposta fra Morvillo e Giordano

Ma la giornata vede anche il polemico botta e risposta fra parenti dei protagonisti di quella stagione. Alfredo Morvillo, magistrato in pensione e fratello della moglie di Falcone, magistrato anche lei morta con lui nell’attento, diserta e attacca la politica e la città che dimentica ma Stefano giordano figlio del presidente del maxi processo Alfonso, oggi avvocato, assente per motivi di salute, contrattacca sui social “Non condiviso chi diserta per motivi politici”

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