L’aula bunker del carcere Ucciardone, trent’anni dopo le stragi di mafia del 1992, viene intitolata oggi ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Alle 16 si terrà una cerimonia istituzionale, alla quale prenderà parte anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
E’ infatti la giornata conclusiva del trentennale delle stragi, promossa e organizzata da Anm Palermo, Teatro Massimo, Fondazione Vittorio Occorsio e Fondazione Progetto Legalità.
Alle celebrazioni non prenderà parte Alfredo Morvillo, magistrato in pensione nonché fratello di Francesca, la moglie di Giovanni Falcone, morta con lui nella strage di Capaci.
Morvillo non sarà presente neppure al Teatro Massimo, dove stasera andrà in scena il Requiem per le vittime di mafia.

I motivi della sua assenza

In una intervista all’AdnKronos Morvillo spiega i motivi della sua decisione di non presenziare ai due eventi:
“In una giornata dedicata solennemente a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non si può accettare di condividere questo momento con personaggi, inevitabilmente invitati, che non hanno nulla a che fare con i nostri amatissimi indimenticabili giudici”, dice il magistrato.

Il ricordo calpestato

“Personaggi che, dall’alto delle loro responsabilità istituzionali, non tralasciano di mandare alla cittadinanza messaggi di pacifica convivenza con ambienti notoriamente in odore di mafia, riconoscendo a soggetti, che hanno stretto accordi con la mafia, piena legittimazione etica e sociale, così calpestando il ricordo di chi per la lotta alla mafia ha dato la vita”, conclude Morvillo.

Le elezioni e la presa di posizione di Morvillo su politica e mafia

Lo scorso maggio, in vista delle elezioni amministrative di giugno, Alfredo Morvillo aveva, con alcune dichiarazioni, lanciato l’allarme su alcuni personaggi politici condannati per mafia, come Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, che avevano appoggiato il candidato, poi eletto sindaco, Roberto Lagalla. E alle regionali il candidato Renato Schifani, eletto poi governatore.
Morvillo aveva detto: “Nessuno nega il diritto a Cuffaro di continuare a vivere e a fare tutto ciò che vuole, per carità, ha scontato la pena e nessuno dice che deve tornare in galera. Il problema non è lui, sono gli altri che lo corteggiano e lo inseguono”.
L’ex governatore Cuffaro aveva affermato di avere il diritto “costituzionalmente riconosciutomi e forse anche il dovere di vivere la mia vita da libero e coltivare il mio impegno politico”.

Una Palermo che dimentica

Morvillo era tornato, nel corso di un evento pubblico, sulle sue dichiarazioni, spiegando quale fosse, a suo avviso il problema. Secondo l’ex magistrato “c’è una Palermo che gli strizza l’occhio dimenticando cosa rappresenta”, ossia “una persona che è stata condannata per un reato di favoreggiamento alla mafia”. Insomma, “lui ha diritto di fare quello che vuole”, sono gli altri che, sapendo della sua condanna “continuano a cercarlo”, in una città “in cui in questi giorni si parla di gente che ha sacrificato la vita per contrastare quegli ambienti e quel signore lì è stato condannato per averli favoriti”.
Roberto Lagalla, dopo le polemiche sollevate in seguito alle parole di Morvillo, aveva replicato: “Posso ben dimostrare nel mio curriculum, nella mia vita e nella storia personale di non avere mai avuto niente a che fare con la mafia”. Il sindaco di Palermo oggi sarà all’aula bunker e la sera al Teatro Massimo.

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