E’ andata in onda ieri sera su Rai1 la seconda e ultima puntata della fiction diretta da Ricky Tognazzi “Boris Giuliano. Un poliziotto a Palermo”, sulla figura del grande investigatore e capo della squadra mobile di Palermo ucciso il 21 luglio del 1979 da Leoluca Bagarella con 7 colpi sparatigli alle spalle in una caffetteria del centro.

Boris Giuliano, uomo dello Stato, ma anche marito e padre esemplare, aveva tre figli.
La più piccola, Selima, un nome arabo che vuol dire ‘pace’, al momento dell’omicidio aveva appena 7 anni.

Per la prima volta ha deciso di parlare con un giornale, lasciandosi intervistare da Famiglia Cristiana.

Eravamo una famiglia felice. Papà tornava tutte le sere, mentre mamma insegnava solo saltuariamente e quindi passava molto tempo con noi. Di colpo ci siamo ritrovati soli, in una città che non era la nostra, con mamma che è stata costretta a lavorare davvero. Dal giorno della morte di mio padre fino all’adolescenza nella mia mente c’ è il buio più totale”.

Selima ricorda perfettamente il giorno della morte del suo adorato papà. “Eravamo in vacanza e apprendemmo la notizia alla radio. Ricordo le volanti a sirene spiegate che vennero a prenderci per riportarci a Palermo. Mia madre e mio fratello Alessandro rimasero lì per la camera ardente e i funerali, mentre io e mia sorella Emanuela fummo portate a casa di amici. Sul momento pensavamo che papà fosse ferito. Poi, quando rivedemmo la mamma, ci disse che non c’ era più”.

Trentasette anni dopo, Selima è voluta andare sul set della fiction. “Giravano la scena dell’ incontro tra papà e il boss Stefano Bontate a Villa Niscemi. Alla fine, ho incontrato Adriano Giannini ed entrambi ci siamo commossi: lui perché si è trovato di fronte me e non la bambina che mi interpreta e io perché, anche se non assomiglia a papà, era “truccato” come lui, con i suoi baffoni”.

La fiction le è piaciuta “perché, pur con le inevitabili licenze di un racconto televisivo, fa emergere bene le sue qualità di poliziotto, ma anche la sua eccezionale umanità con i colleghi e con noi in famiglia”.

Ma Giuliano non era solo il poliziotto dal fiuto investigativo infallibile, colui che aveva capito che fiumi di droga scorrevano tra gli Usa e Palermo. Selima lo conferma: “Ricordo papà a casa che si metteva a quattro zampe per farci giocare a cavalluccio. Oppure mentre ci raccontava delle storie bellissime di cui ogni volta cambiava il finale, inventandoselo sul momento. E poi lo rivedo mentre suona la chitarra. Aveva una grande passione per il jazz che trasmise a noi”.

Il fratello Alessandro, anche lui da sempre riservatissimo, ha seguito le orme del padre, come capo della Squadra mobile di Milano. Da pochi giorni, a 49 anni, è diventato questore di Lucca. Subito dopo la nomina ha commentato: “Non posso non pensare a mio padre, morto alla mia età. In tutti questi anni è stato la mia inarrivabile stella polare e l’ ho sempre sentito vicino”.

Sui mandanti e il killer di Giuliano, Selima dice: “Nei loro confronti provo una totale indifferenza. Non sento rabbia, ma nemmeno il senso religioso del perdono. Credo solo fortemente nella giustizia”.

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