• Maxi sequestro beni da 150 milioni di euro a imprenditore settore grande distribuzione
  • Indagini della guardia di Finanza su Carmelo Lucchese
  • Sequestrata azienda Gamac Group conti correnti case ville e auto di lusso

Maxi sequestro di beni a Palermo e provincia ai danni di un imprenditore nel settore della grande distribuzione alimentare. Il provvedimento è della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo su richiesta della Procura, Direzione Distrettuale Antimafia, che ha emesso un provvedimento di sequestro patrimoniale nei confronti di Carmelo Lucchese, 55 anni, imprenditore  per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del comando provinciale di Palermo.

Nell’imponente operazione sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo che hanno cautelato un rilevante compendio aziendale, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e autovetture, anche di lusso.

Oggetto del sequestro è in particolare la società Gamac Group srl, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che, come disposto nel citato provvedimento, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza.

Secondo le indagini della Dda e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, Carmelo Lucchese, pur essendo incensurato, “sarebbe da ritenere – dicono gli investigatori – un imprenditore colluso alla criminalità organizzata, posto che il medesimo, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia

Alla base delle indagini si sono le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del proposto con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo.

Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il Tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere il proposto un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale il Lucchese è riuscito a:  espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali. Scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento. Risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei pagamenti. Evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”.

In una logica di reciproco vantaggio, il proposto ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale.

Il rifugio di Bernardo Provenzano

Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal Lucchese alla consorteria mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio a Bernardo Provenzano nell’ultimo periodo della latitanza.

Infatti proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della Gamac, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019. “Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il Tribunale – aggiungono gli investigatori – ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta da Carmelo Lucchese – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità”.

Oltre al sequestro delle aziende e delle quote sociali della Gamac Group srl sono stati affidati ad un amministratore giudiziario affinché li gestisca nell’interesse della collettività: 7 immobili di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo;  61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.

“L’operazione di oggi – dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della guardia di finanza – si inserisce nell’ambito di una precisa strategia investigativa sviluppata con la Procura di Palermo, per colpire l’organizzazione mafiosa e liberare l’economia legale dalle infiltrazioni criminali, a tutela degli imprenditori che, anche in questo difficile periodo, operano nel rispetto delle regole”.

“Una delle principali direttrici nell’azione di contrasto agli interessi economico-finanziari di Cosa Nostra consiste proprio – aggiunge il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria – nel ricercare, individuare e sterilizzare l’operato degli imprenditori collusi con la mafia, cioè coloro che dal rapporto illecito di reciproco interesse con la criminalità organizzata ricavano la forza per affermarsi sul mercato, alterando le regole della sana e leale concorrenza. Il messaggio deve essere chiaro: fare affari cercando o accettando l’appoggio della mafia è una scelta perdente oltre che illegale”.

 

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