Oltre 67 milioni di euro bruciati in circa tre anni, economie di gestione precedenti e fondi per gli investimenti esauriti per far quadrare i bilanci e servizi essenziali per la cittadinanza a rischio nell’immediato futuro.
Le Sezioni riunite per la Sicilia della Corte dei Conti dipingono un quadro preoccupante sul futuro delle appena costituite per legge Città metropolitane e i Liberi consorzi di comuni che hanno preso il posto delle nove Province siciliane.
I giudici contabili bocciano senza mezze misure l’operato del governo Crocetta, che si era mosso in anticipo varando una riforma regionale delle Province poi impugnata dal Consiglio dei ministri, ma ha applicato in colpevole ritardo l’adeguamento della medesima riforma alla legge nazionale, prolungando a dismisura la gestione commissariale delle nove ex Province.
La Corte dei Conti ha effettuato una serie di controlli finanziari sugli enti in occasione di una audizione con la I Commissione Affari Istituzionali dell’Ars. L’esito è impietoso. I giudici contabili sottolineano che “sono state poste in evidenza una serie di criticità, rappresentate principalmente da una costante tensione sulle entrate, determinata dalla progressiva contrazione delle ‘entrate derivate’, solo parzialmente compensate dal potenziamento di quelle proprie”. E poi ancora “vistosi ritardi nell’erogazione dei trasferimenti erariali e regionali e, soprattutto, le conseguenze delle reiterate manovre sul Fondo sperimentale di riequilibrio che hanno, di fatto, annullato la capacità programmatoria delle Province”.
Il disavanzo corrente complessivo, pari ad -67.405.793,00 euro, viene raggiunto, in sede previsionale, mediante l’applicazione dell’avanzo di amministrazione. Quindi per fronteggiare il taglio di risorse da parte di Regione e Stato, gli enti hanno fatto ricorso” al consistente utilizzo di entrate a carattere straordinario per il finanziamento di spesa corrente, anche ripetitiva, per fronteggiare la riduzione dei trasferimenti, nonché l’applicazione, talora integrale, dell’avanzo di amministrazione, peraltro influenzato dall’elevata mole di residui attivi, per il conseguimento dell’equilibrio di parte corrente”.
Tutto ciò significa che, per far quadrare i conti, le ex Province hanno utilizzato risorse destinate ad altri scopi o provenienti da risparmi precedenti. Questo vuol dire che sono stati dilapidati fondi destinati agli investimenti. E gli amministratori che saranno chiamati alla guida di Citttà metropolitane e Liberi consorzi potrebbero incontrare notevoli difficoltà di bilancio da subito.
Per la Corte dei Conti, questa situazione finanziaria precaria, mette a serio rischio l’erogazione di funzioni e servizi essenziali. Anche perché rivelano i giudici contabili “è stato osservato come la finanza provinciale siciliana, a causa di un quadro gestionale già in partenza più problematico rispetto ad altre zone territoriali, risulti maggiormente vulnerabile ai ritardi e alle difficoltà nel processo di riforma delle funzioni di governo di area vasta, al punto da rendere elevato il rischio di compromissione degli equilibri strutturali di bilancio”.
Un altro segnale preoccupante,che si evince dall’indagine della sezione riunite della Corte dei Conti, è che in “tutte le amministrazioni, inclusa la Città metropolitana di Catania, hanno una spesa di personale pro capite superiore – in alcuni casi multipla – rispetto alla corrispondente media nazionale”. Inolltre il libero Consorzio di Enna presenta un valore quasi triplo rispetto, mentre si attesta su un valore più che doppio la Città metropolitana di Messina, cui si avvicinano anche le amministrazioni di Caltanissetta e Ragusa.
Il futuro delle Città metropolitane e dei Liberi consorzi di comuni in Sicilia per le Sezioni Riunite della Corte dei Conti non è quindi roseo, per usare un eufemismo. Tanto che i giudici, rinviando qualsiasi giudizio all’esito del contraddittorio con i singoli enti interessati, si limitano in questa sede ad esprimere “riserve sull’affidabilità dei risultati di amministrazione utilizzati per il pareggio finanziario e nutrono “scarso ottimismo, soprattutto per alcuni enti, ai fini della resa continuativa di funzioni e servizi essenziali”.
Di fatto le province, precedentemente in equilibrio finanziario, hanno bruciato ogni risorsa risparmiata e ogni investimento e ora non hanno più un soldo per effetto di una riforma precipitosa e mai attuata e dei tagli da Stato e regione e per l’immediato futuro vedono a rischio servizi ai cittadini e livelli occupazionali
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