Nemici-amici l’un contro l’altro armati. E’ così da sempre e così è tornato ad essere. Sono i due gemelli diversi della politica centrista siciliana. Raffaele Lombardo da un lato, Totò Cuffaro dall’altro. I due figli della Democrazia cristiana, cresciuti all’ombra di Calogero Mannino da sempre si confrontano sulla scacchiera politica e da sempre si danno il cambio ai posti di vertice.

Il passaggio di consegne

L’ultimo passaggio di consegne ufficiale risale all’elezione di Raffaele Lombardo a presidente della Regione siciliana. Era il 28 aprile del 2008 quando, nella sala degli specchi del piano nobile di Palazzo d’Orleans, sede del governo regionale, Totò Cuffaro, dimessosi a fine gennaio nel pieno della sua vicenda giudiziaria, passava il testimone all’appena eletto Raffaele Lombardo.

Ma anche il mandato di Lombardo, contrassegnato da un salto di alleanza da destra a sinistra, non si completò e, al posto dei previsti 5 anni, ne durò 4 a mezzo concludendosi con le dimissioni per una vicenda giudiziaria nel luglio del 2012.

Vicende finite in modo diverso ma inevitabilmente analoghe per percorso politico a segnare come la storia dei due sia sempre stata legata a doppia mandata da storie che si intrecciano e si slegano per poi intrecciarsi di nuovo.

Alleati ma contrapposti

E ancora oggi all’interno della coalizione di centrodestra che sostiene il governo della Regione i due sono alleati ma contrapposti. Una contrapposizione resa, per assurdo, più complessa dall’alleanza che ha dato vita a Grande Sicilia portando Lombardo, da leader MpA movimento forte ad oriente ma meno ad occidente, a radicarsi con i movimenti civici di Roberto Lagalla sindaco di Palermo oltre a riportare in pista un Gianfranco Miccichè che ha sempre il suo appeal politico.

L’emersione dello scontro

Lo scontro, latente da sempre, è emerso con una intervista nella quale Lombardo ha chiesto ufficialmente il rimpasto a Schifani e lo ha fatto additando le sproporzioni di assessori attribuiti rispetto al consenso e al numero di deputati con Cuffaro e con la Lega (sottolineando l’asse tanto chiacchierato fra Cuffaro e Sammartino anche se si tratta solo di voci della politica): 2 assessori ciascuno contro uno solo autonomista

la risposta è venuta dal segretario Dc Stefano Cirillo per il quale la sproporzione è ancora più evidente al comune di palermo ma a discapito della Dc. Allora si cominci da Palermo.

Alla fine ne resterà uno solo, o forse no

Un confronto che non sembra destinato a finire bene per nessuno. Il rimpasto alla Regione non è cosa facile, per non dire impossibile. Smontare un equilibrio difficile significa far ribollire una pentola che già spesso ha mostrato segnali di insofferenza. Le provinciali sono state motivo di tensione che vanno spente non fomentate secondo l’entourage del governatore.

E Palermo non è molto diversa anche se diversi sono gli attori. Il sindaco Roberto Lagalla non è tipo da allinearsi a disposizioni altrui ed ha già subito l’indicazione di Forza Italia di cambiare assessore ai servizi sociali. Lo ha fatto perché queste sono le regole della politica e lui la politica la conosce bene. Ma nell’aria c’è un avvicinamento dell’ex assessore Pennino proprio a Lagalla. Che poi significherebbe un ritorno verso Gianfranco Miccichè che si trova in Grande Sicilia e che era stato il suo sponsor all’arrivo in Forza Italia.

Trovare posto ad un altro assessore Dc a Palermo è difficile tanto quanto trovare posto ad un altro assessore autonomista o civico alla Regione dove, peraltro, pressa anche Noi Moderati. La formazione di Saverio Romano lo ha sottolineato più volte ma non oggi, ancora.

Ed in silenzio resta anche Cuffaro. Una scelta politica sofferta. Per chi lo conosce è difficile pensare che non dica nulla. Ma il silenzio in politica è pur sempre una dichiarazione.