Ci sarebbe stata una rete di talpe che avrebbe fornito una serie di informazioni ai boss Stefano e Michele Marino arrestati ieri nel corso del blitz antimafia che ha sgominato presunti boss e fiancheggiatori del mandamento mafioso di Brancaccio.

Un ex poliziotto, un ex carabiniere e una serie di talpe che avrebbero fornito informazioni importanti per l’attività della criminalità organizzata di Corso dei Mille e Roccella e per “fuggire” in tempo d eventuali blitz e dai controlli di telecamere e microspie. Un sistema talmente efficiente che il 10 ottobre scorso avrebbe consentito a Stefano Marino di sfuggire agli arresti dell’operazione “Tabula rasa”. È triste e desolante il quadro che emerge dal fermo emesso ieri dalla Dda di Palermo.

Come riporta il Giornale di Sicilia, secondo i pm, nella rete di informatori dei boss ci sarebbe un l’ex poliziotto, Vincenzo Di Blasi che in passato è già stato condannato per questo tipo di mediazione. Dopo la scarcerazione però avrebbe ripreso i contatti con la malavita organizzata e sarebbe tornato in attività. In cambio avrebbe ricevuto, secondo quanto sostiene la Procura, somme di denaro dai fratelli. Non solo l’ex poliziotto ma anche il carabiniere in pensione Stefano Prestigiacomo avrebbe fornito notizie a Di Blasi.

Informazioni cruciali per l’attività di cosa nostra sarebbero state fornite dai due tra i quali dati di banche dati, targhe di auto civetta, le posizioni di microspie e telecamere. Nel corso di una intercettazione l’ex poliziotto arriverebbe a scomodare anche i servizi segreti sostenendo di avere contatti con due soggetti che “raccolgono informazioni – spiega a Marino – quando c’è la cosa giusta, direttamente al presidente del Consiglio, con il ministero, non c’entra niente la squadra mobile… Chi si fida di quelli della squadra mobile, stai scherzando?”.

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