Il sottosegretario ai Trasporti della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta nata a Palermo. Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia responsabile del programma della Lega sull’Ambiente, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata, però.
Nell’inchiesta romana è coinvolto anche Arata, che risponde di concorso in corruzione. Il professore è indagato anche a Palermo nel filone principale dell’inchiesta per corruzione e intestazione fittizia di beni: secondo i pm siciliani sarebbe stato in affari con l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Per i magistrati però Siri non sarebbe stato a conoscenza dei legami tra l’imprenditore mafioso e l’ex parlamentare.
Armando Siri è stato nominato responsabile economico e della formazione del Movimento ‘Noi con Salvini’. E’ autore della proposta di legge per l’introduzione della flat tax.
Candidato alle ultime politiche con la Lega, al Senato, è stato eletto nel collegio dell’Emilia-Romagna. Nel Governo Conte è sottosegretario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Sarebbe stata di 30mila euro la mazzetta intascata dal sottosegretario ai Trasporti della Lega per introdurre una norma nel Def che avrebbe favorito alcuni imprenditori nel campo delle energie rinnovabili. L’emendamento però non è mai passato.
A consegnare il denaro a Siri sarebbe stato Paolo Arata, professore universitario, estensore del programma sull’energia della Lega e in affari, per i pm, con Nicastri. Siri, che non sapeva dei rapporti tra Arata e Nicastri, avrebbe ricevuto il denaro a casa del professore che sarebbe stato un suo grande sponsor nella politica. L’emendamento caldeggiato avrebbe dovuto fare retroagire i finanziamenti stanziati per le rinnovabili alla data di costituzione di una delle società di Nicastri che avrebbe potuto così beneficiarne.
Parallelamente all’indagine romana la procura di Palermo ha ricostruito un giro di tangenti alla Regione siciliana per favorire Nicastri nell’ottenimento di alcune concessioni.
L’uomo politico si dice tranquillo: “Non so niente. Non ho idea, non so di cosa si tratti. Devo prima leggere e capire. Ho letto di nomi che non so”. E’ la prima reazione a caldo. “Sicuramente – ha aggiunto – non c’entro niente con vicende che possano avere risvolti penali. Mi sono sempre comportato nel rispetto delle leggi. Sono tranquillo”.
E ancora: “”Non ho fatto niente di male: non ho ragioni per dimettermi”, dichiara il sottosegretario leghista commentando la richiesta di un suo passo indietro avanzata dal M5s.
LEGGI ANCHE MAFIA E CORRUZIONE L’INCHIESTA DI PALERMO CHE INGUAIA IL GOVERNO
Commenta con Facebook