Giustizia per Paolo La Rosa, ucciso nel 2020 e il cui presunto assassino in primo grado ha avuto “soltanto” 16 anni. Troppo pochi secondo la famiglia che è tornata a chiedere appunto giustizia alla vigilia del processo di appello. Concetto ribadito nel corso di una fiaccolata organizzata questa sera proprio a tre anni esatti da quel terribile fatto di sangue. Mamma, papà, sorella e amici di Paolo sono tornati nel luogo in cui fu consumato l’omicidio, in piazzetta Titì Consiglio a Terrasini.

La mamma: “Una giustizia vera”

La famiglia ha ribadito un appello ricordando il figlio ucciso e chiedendo giustizia. “Noi ci crediamo nella giustizia, ci crediamo fortemente – ha detto Loredana Zerbo, mamma di Paolo La Rosa  -. Anche se fondamentalmente dentro di noi abbiamo tanta paura che questa giustizia possa non arrivare. Ma c’è grande attesa, il pronunciamento deve essere un esempio per tutti i ragazzi. In tanti aspettano una risposta che deve essere forte, deve essere vera”.

La manifestazione

La fiaccolata è partita dalla chiesa Madre di piazza Duomo, dove nel pomeriggio si era tenuta anche una celebrazione in memoria della vittima. Si è snodata sino a raggiungere piazza Titì Consiglio, dove si consumò l’omicidio ed è presente un’installazione che ricorda Paolo La Rosa. In prima fila mamma, papà e sorella di Paolo, e anche i sindaci di Terrasini e Cinisi.

La sentenza

Nel marzo dello scorso anno fu emessa la sentenza nei confronti di Pietro Alberto Mulè. Scoppiarono in lacrime i familiari della giovane vittima nell’aula bunker di Palermo. All’imputato è stata esclusa l’aggravante dell’omicidio per futili motivi e questo gli ha permesso in qualche modo di usufruire di una sorta di abbreviato, che gli avvocati di Mulè avevano richiesto ma non ottenuto inizialmente. Ad essergli state concesse anche le attenuanti generiche.

Il fatto

Secondo i testimoni che hanno assistito al delitto, Pietro Alberto Mulè di Cinisi, all’epoca 20enne, inizialmente litigò all’interno del locale con un buttafuori. Quando stava per andare via, a notte fonda, iniziò a litigare pure con La Rosa col quale c’erano pessimi rapporti. Contrasti sorti perché alla vittima non piaceva che sua sorella fosse fidanzata con Filippo Mulè, cugino di Pietro Alberto, con cui la frequentazione era molto stretta. Dai successivi riscontri per gli inquirenti non ci furono più dubbi sul fatto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di Pietro Alberto Mulè.

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