Un’indagine durata a lungo e che coinvolge 53 persone, tra loro anche il sindaco di Monreale, Piero Capizzi.
I reati che gli vengono contestati dal sostituto procuratore Enrico Bologna sono corruzione per un atto d’ufficio e corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio.
Il sindaco ed i numerosi indagati sono stati raggiunti in questi giorni da un avviso di garanzia della procura della Repubblica di Palermo a seguito della conclusione delle indagini preliminari che hanno accertato l’esistenza di una sorta di organizzazione criminale all’interno dell’Alto Belice Ambiente Spa.
La società che raccoglie i rifiuti in 17 comuni e che ha sede a Monreale, era stata decretata fallita dal Tribunale di Palermo nel 2014.
Nel dicembre 2013 si era verificata l’ennesima emergenza rifiuti. Anche su segnalazione dei cittadini, si era compreso che il sistema di raccolta presentava evidenti falle e disservizi. Capizzi – adesso assistito dal legale Giuseppe Botta del Foro di Palermo – ai tempi consigliere comunale, secondo gli inquirenti avrebbe assunto il ruolo di “istigatore o determinatore” di uno degli indagati principali, il caposervizio Pupella ritenuto colui che ‘comandava’ all’interno della ditta di raccolta rifiuti.
Quest’ultimo avrebbe acconsentito alla richiesta di un esercente monrealese di smaltire dei rifiuti solidi urbani in cambio di panettoni, spumante e forse qualche altro favore.
Ma le indagini sull’Alto Belice Ambiente, erano iniziate ben prima, ovvero nel 2011 ed erano state condotte dai carabinieri della stazione di Altofonte in collaborazione con quelli di Monreale.
Oltre alle carenze nel servizio erano emersi numerosi casi di assenteismo dei dipendenti della società. Era inoltre venuto fuori che gli autisti dei mezzi che trasportavano i rifiuti alla discarica di Siculiana rubavano il gasolio per poi rivenderlo in privato. Questa prima fase dell’attività investigativa aveva portato all’arresto di alcuni autisti colti in flagranza di reato. Da quel momento l’indagine aveva cominciato ad allargarsi e a svelare altri comportamenti illeciti.
Ma i filoni di indagine aperti sono diversi. Quello maggiore riguarda 46 dipendenti della società che d’accordo con i fratelli Antonio e Alessandro Geraci, gestori dell’impianto di distribuzione di carburante Q8 situato sulla SS 186 tra Monreale e Pioppo, convenzionato con la società, avrebbero costituito e gestito un’organizzazione criminale dedita al furto del carburante contenuto nei serbatoi degli autocompattatori della società, e alla falsa attestazione di consumi di carburante a fronte di rifornimenti mai effettuati o effettuati per un quantitativo minore, in modo da consentire un ingiusto profitto ai titolari dell’impianto di distribuzione convenzionato.
Altri reati contestati sono l’illecito smaltimento di rifiuti pericolosi e non, su commissione di privati corruttori mediante l’indebito impiego di mezzi e risorse della stessa società, condotte fraudolente ai danni della società, falsa attestazione della presenza in servizio di alcuni dipendenti.
Dalle indagini sarebbe emerso un vero sistema criminale operante nella ditta: i colleghi che si rifiutavano di prendervi parte sarebbero stati minacciati. Forse è in questo contesto che si spiega l’incendio dell’autovettura di due di loro.
“Sono del tutto estraneo a questa vicenda – dice Capizzi – come ho già spiegato ai pm. Tutto nasce da un’intercettazione male interpretata. Non ho nulla di cui preoccuparmi”.
Capizzi, ai tempi consigliere comunale, secondo gli inquirenti avrebbe assunto il ruolo di “istigatore o determinatore” di uno degli indagati principali, il caposervizio Pupella ritenuto il regista dell’organizzazione, che avrebbe così acconsentito alla richiesta di un esercente monrealese di smaltire dei rifiuti solidi urbani, ricevendone in cambio panettoni e spumante.
Capizzi, che ha nominato quale difensore di fiducia Giuseppe Botta del Foro di Palermo, per questo è finito nei guai. “Chiamai Pupella – spiega Capizzi – perché mi erano state segnalate criticità in quella zona. Visto che era il 20 dicembre, lui mi disse scherzando: ‘digli di farmi trovare panettone e spumante’. Era solo una battuta”.
Le indagini risalgono al 2011, in seguito ad alcune denunce che lamentavano carenze e disfunzioni nel servizio di raccolta dei rifiuti.
Dai primi accertamenti, svolti dalla stazione dei carabinieri di Altofonte, oltre al riscontro delle carenze nel servizio, emergevano diversi casi di assenteismo dei dipendenti e furti di gasolio dai serbatoi dei mezzi. Poi l’indagine si è allargata arrivando all’avviso di garanzia che nei giorni scorsi ha raggiunto anche al sindaco.
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