Torna in libertà Fabio D’Atria, costituitosi lo scorso 30 maggio dopo essere rimasto irreperibile in seguito all’operazione Maqueda con la quale la Polizia aveva arrestato persone a vario titolo legate ad una sorta di organizzazione criminale operante a Ballarò e le cui azioni avrebbero avuto connotazioni anche di natura razzista.

Il tribunale del riesame, infatti, ha deciso di annullare l’ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico il 23 maggio accogliendo l’istanza dei difensori, gli avvocati Filippo Gallina e Salvatore Vallone.

Secondo la ricostruzione della Procura, la sera del 27 febbraio scorso, per un banale rimprovero che avrebbero rivolto a dei ragazzini che giocavano con un pallone davanti al loro portone, tre stranieri sarebbero stati il bersaglio di una violentissima rappresaglia. Sarebbero stati infatti circondati da una quindicina di persone che, armate anche di spranghe, li avrebbero costretti a rifugiarsi in casa.

A quel punto, scrive oggi il Giornale di Sicilia, dopo un tentativo vano di sfondare il portone dell’ abitazione, qualcuno avrebbe urlato che “i neri sono dentro” e un altro indagato, Giovanni Castronovo, sempre secondo l’accusa, avrebbe dato fuoco all’appartamento. Con lui sarebbero stati presenti oltre a D’Atria, anche Bruno Siragusa e Alessandro Cutrona. I nigeriani erano riusciti a scappare da una finestrella del bagno, mentre i vigili del fuoco spegnevano le fiamme.

Per D’Atria, come per gli altri, l’ ordinanza di custodia cautelare venne emessa il 23 maggio, perché le vittime della brutale aggressione (che, secondo la Procura, sarebbe anche aggravata dall’odio razziale) lo avrebbero riconosciuto in una foto segnaletica. I suoi difensori, però, hanno sostenuto davanti al riesame che i tratti dell’uomo raffigurato in quell’immagine non avrebbero nulla a che vedere con quelli attuali di D’Atria. In particolare l’ indagato, all’epoca dei fatti, avrebbe portato una folta barba che nella foto segnaletica non figurerebbe. Tesi che i giudici hanno accolto e che li ha portati a rimettere in libertà l’ indagato.