La nuova stagione del Teatro Biondo di Palermo, in sintonia con il progetto artistico che in questi anni ha contribuito a svecchiare il repertorio nel segno della contaminazione e dell’originalità delle proposte, spazia dal teatro di narrazione ai classici riletti in chiave contemporanea, dal teatro musicale a quello di impegno civile, dall’umorismo alla sperimentazione.
Dopo il debutto dell’Odissea, che Emma Dante ha immaginato come una fiaba ironica e movimentata, offrendone una lettura inedita, divertente, dissacrante e allo stesso tempo fedele al poema di Omero, il palcoscenico del Biondo ospiterà, dal 25 novembre al 4 dicembre, Le serve di Jean Genet, coprodotto con il Teatro Stabile di Catania e Teatro e Società e diretto da Giovanni Anfuso. In scena tre grandi e popolari attrici del cinema e del teatro nazionale: Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina. Scritto nel 1947 e ispirato a un evento di cronaca che impressionò enormemente l’opinione pubblica francese, Le serve è considerato il capolavoro di Genet: una perfetta macchina teatrale in cui il gioco del “teatro nel teatro” è svelato per mettere a nudo, in modo sorprendente, la menzogna della scena. Claire e Solange, due serve smunte e androgine, vivono un rapporto di amore-odio con la loro padrona, la sontuosa Madame, che incarna tutti gli ideali perduti: eleganza, bellezza, successo.
A seguire, dal 20 al 29 gennaio, tornano al Biondo Marco Baliani e Lella Costa, autori e interpreti di HUMAN, che affronta con ironia e impegno l’“odissea ribaltata” dei migranti. I due attori sono partiti dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. Da un lato l’Eneide, che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi, e dall’altro il mito di Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto. HUMAN, volutamente sbarrato come a significare la presenza dell’umano e al tempo stesso la sua negazione, si propone di inquietare lo spettatore, turbarlo e assediarlo di domande, e andare a toccare i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano-disumano.
Dal 10 al 19 febbraio debutterà in prima nazionale Macbeth. Una magarìa, una nuova coproduzione del Biondo e dello Stabile di Catania affidata al regista Vincenzo Pirrotta, che lo interpreterà insieme a Cinzia Maccagnano. Una rilettura aspra e terrigna del Macbeth shakespeariano, che Pirrotta immagina nel segno di una “magarìa”, una magia, un incantamento intriso di ritualità occulte e arcaiche leggende siciliane. “La vicenda – spiega il regista – sarà introdotta da una danza macabra, una vera e propria messa nera officiata dalle streghe, che presagisce influenze maligne e un vortice incantatorio nel quale precipiteranno i protagonisti. La mia idea è che le streghe, con i loro oscuri presagi, restino attaccate ai personaggi come un cordone ombelicale, condizionandone le scelte e i comportamenti. Alcuni riusciranno a liberarsi recidendo questo cordone, ma non il protagonista e Lady Macbeth, i quali, come in preda a una possessione, compiranno i terribili delitti narrati da Shakespeare”.
Dal 24 febbraio al 5 marzo, per la prima volta a Palermo andrà in scena l’Orchestra di Piazza Vittorio, un collettivo multietnico nato nel 2002 a Roma nel rione Esquilino, dove gli italiani sono una minoranza etnica. L’Orchestra, diretta da Mario Tronco, rappresenta una realtà unica ed esemplare, perché è nata grazie all’auto-tassazione di alcuni cittadini che hanno creato posti di lavoro e relativi permessi di soggiorno per eccellenti musicisti provenienti da tutto il mondo, promuovendo la ricerca e l’integrazione di repertori musicali diversi. Al Teatro Biondo, l’Orchestra proporrà Il flauto magico, rielaborazione dell’opera di Mozart dove confluiscono generi di varia provenienza, dal folk, al reggae, alla musica classica, passando per il pop e il jazz. Allo stesso modo, anche l’ambientazione dell’opera si fa caleidoscopica: se il Flauto di Mozart si svolgeva in un Egitto fantastico, quello dell’Orchestra è ambientato nella società multirazziale dei nostri tempi, ma senza precisi riferimenti alla geografia reale, un luogo che è un non-luogo
o tutti i luoghi possibili. In questa nuova Babele è la musica il linguaggio universale.
Dal 7 al 12 marzo sarà la volta de Il casellante, adattamento di Giuseppe Dipasquale dell’omonimo racconto di Andrea Camilleri, interpretato da Moni Ovadia, Valeria Contadino e Mario Incudine. Il casellante, che tra i racconti di Camilleri del cosiddetto “ciclo mitologico”, è uno dei più divertenti e allo stesso tempo struggenti, racconta la storia di Minica e di suo marito Nino, della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno, durante gli ultimi anni del fascismo. Nino, che nel tempo libero si diletta a suonare il mandolino, fa il casellante lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa. La zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e fascisti che, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. Una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica, che aspetta un bambino.
La sperimentazione drammaturgica di Michele Santeramo e della regista Veronica Cruciani sarà di scena dal 14 al 19 marzo con Preamleto, prodotto dal Teatro di Roma e interpretato da Massimo Foschi e Manuela Mandracchia. Preamleto parte da Shakespeare per raccontare i fatti prima della morte di Re Amleto, analizzando in chiave contemporanea il concetto di potere. Nel testo di Santeramo il Re non è morto, Amleto vuole il potere, Gertrude sente che tutto le sfugge, Claudio non vuole usare nessun veleno contro suo fratello, Polonio aspetta che le cose si mettano a suo vantaggio. I personaggi di Shakespeare sono colti nel loro privato, prima che la tragedia abbia inizio.
La comicità surreale e graffiante di Antonio Rezza approda per la prima volta sul palcoscenico del Teatro Biondo con uno degli spettacoli di maggior successo della coppia Rezza/Mastrella: Fratto_X. In una scena ingegnosa e astratta due persone discorrono sull’esistenza. Ma si può parlare con qualcuno che ti presta la voce? Si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda? Antonio Rezza e Flavia Mastrella non puntano il dito contro l’illogicità del mondo ma scelgono di abitarla, di portarla ai limiti del nonsense e di renderla persino comica. La forma buffa, lo sdoppiamento del linguaggio e l’intelligenza delle battute che rasenta la follia, vengono usati per scuotere lo spettatore dalle sue certezze e farlo ridere inconsapevolmente di se stesso.
Alle scene fantasiose e cangianti di Flavia Mastrella faranno eco le sorprendenti invenzioni scenotecniche della Compagnia Finzi Pasca di Lugano, che dal 31 marzo al 9 aprile proporrà Bianco su Bianco, uno spettacolo teatrale e clownesco, una storia raccontata da un’attrice e da un “tecnico di scena”. Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen costruiscono per il pubblico un mondo surreale, fatto di geometrie semplici e paesaggi lineari. È l’essenzialità della macchina scenica a sorprendere, attraverso la quale ci si addentra sul terreno della memoria, lasciandosi condurre per mano da questi due clown che non incarnano l’insensatezza ma la fragilità degli eroi perdenti.
Silvio Orlando sarà protagonista, dal 18 al 23 aprile, de La scuola di Domenico Starnone, uno spettacolo cult, andato in scena per la prima volta nel 1992 e dal quale fu tratto l’omonimo film di Daniele Luchetti. Lo spettacolo nasceva come dipinto della scuola italiana di quei tempi e al tempo stesso un esempio quasi profetico del cammino che stava intraprendendo il sistema scolastico italiano, oggi nuovamente sotto i riflettori. “Ho deciso di riportare in scena lo spettacolo più importante della mia carriera – spiega Silvio Orlando – a vent’anni di distanza per fare un bilancio sulla scuola e vedere cos’è successo poi”. Siamo in tempo di scrutini: un gruppo di insegnanti deve decidere il futuro dei loro studenti. Di tanto in tanto, in questo ambiente circoscritto, filtra la realtà esterna. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Il dialogo brillante e le situazioni paradossali lo rendono uno spettacolo irresistibilmente comico e allo stesso tempo di grande densità.
Il programma della Sala Grande si concluderà, dal 5 al 14 maggio, con il debutto in prima nazionale di TROILO VS CRESSIDA, il nuovo spettacolo di ricci/forte – la coppia più irriverente e dirompente della scena teatrale contemporanea – pensato per gli allievi della Scuola del Teatro Biondo. Uno spettacolo che si preannuncia carico di provocazioni e invettive contro il falò delle vanità dell’odierna società. ricci/forte partono da Troilo e Cressida di Shakespeare per coinvolgere gli allievi del Biondo in una performance all’ultimo respiro, che smaschera le falsità e la vacuità del potere.
La parallela stagione nella Sala Strehler avrà inizio il 2 novembre con Gesta dell’Orlando furioso narrate da Brunello! di Salvo Piparo per la regia di Luigi Maria Burruano, con le musiche di Marco Betta. Insieme a Piparo, saranno in scena Costanza Licata, Irene Maria Salerno e Francesco Cusumano. Uno spettacolo divertente e colto, che racconta, in modo volutamente infedele, una delle più grandi favole della letteratura moderna occidentale agganciandola alla realtà di oggi: gli eroi di Ariosto diventano visionari senza senno, che chiedono consiglio a una luna piena di ricotta come un biscotto di San Martino, Angelica è una donna dai discutibili costumi e Medoro un amante instancabile e cocciuto.
Dall’11 al 21 gennaio, dopo il debutto estivo nel cortile dello Steri, la Sala Strehler ospiterà Almanacco Siciliano di Roberto Alajmo, diretto e interpretato da Vincenzo Pirrotta, in scena insieme ad Elisa Lucarelli e Cinzia Maccagnano. L’Almanacco di Alajmo è una rivoluzione di prospettiva: racconta, come in una soggettiva e con l’intensità di un’orazione civile, il congedo prima del buio di uomini e donne uccisi nel corso dei cinquant’anni della guerra di mafia in Sicilia. Quasi un repertorio che non si perde in interpretazioni, lasciando fuori lo spargimento di sangue, proprio come avveniva nelle tragedie greche.
Dal’1 al 5 febbraio torna sul palcoscenico della Strehler Tre di coppie di Franco Scaldati nella messa in scena di Franco Maresco con Gino Carista, Giacomo Civiletti e Melino Imparato, con le musiche originali di Salvatore Bonafede. Dopo il successo dello scorso anno e in vista di una tournée italiana, il Teatro Biondo ripropone lo spettacolo di Maresco che, basandosi su alcuni testi di Scaldati, ha realizzato una serie di “variazioni” sul tema della coppia nell’opera del drammaturgo palermitano.
Le candide figurine trasognate di Totò a Vicè e l’inedita coppia del Corto e il Muto, un duetto tanto irresistibile quanto scurrile, insieme ai tragicomici Santo e Saporito de La notte di Agostino il topo sono i protagonisti dello spettacolo, che Maresco dedica a Scaldati ma anche all’attore Gaspare Cucinella, recentemente scomparso, insieme al quale Scaldati dava vita in scena proprio ai suoi poetici e irriverenti duetti.
A seguire, dall’8 al 12 febbraio, Mario Perrotta, considerato uno dei maggiori narratori di nuova generazione, interpreterà Italiani cìncali!, scritto insieme a Nicola Bonazzi: un progetto teatrale sull’emigrazione italiana del secondo dopoguerra, che Perrotta ha realizzato dopo aver raccolto numerose testimonianze in giro per l’Italia.
Ancora una produzione targata Biondo di Palermo dal 22 febbraio al 4 marzo: O come buco. Scritto e diretto da Giovanni Lo Monaco, è il terzo capitolo di una tetralogia di sui rapporti parentali. Un percorso cominciato alcuni anni fa con You know…, cui ha fatto seguito, lo scorso anno, il primo studio su A fondo. Il nucleo ossessivo, comune a queste drammaturgie, è la famiglia tradizionale, un’istituzione che – secondo Lo Monaco – mostra ormai limiti di ogni genere. Una tragedia in salsa contemporanea nella quale il tabù dell’incesto serve come espediente per svelare quello che, secondo Lo Monaco, è il vero tabù dei nostri giorni, ossia la rappresentazione di un certo tipo di famiglia, quella “nucleare”, dove spesso si condensa
un insieme di valori che assumiamo come dato oggettivo, naturale e inconfutabile. Valori che questo spettacolo, provocatoriamente, vuole mettere in discussione.
Paolo Briguglia e Silvia Ajelli saranno i protagonisti della commedia drammatica Nel nome del padre, che il Biondo allestirà dal 15 al 25 marzo affidando la regia ad Alfio Scuderi. Due giovani si trovano in un luogo misterioso, che presto si rivela come una sorta di purgatorio, dove essi devono liberarsi dai loro drammatici ricordi per approdare ad una meritata pace eterna. Lei è figlia di un uomo potentissimo, un vero e proprio protagonista del mondo del potere e del danaro, lui è il figlio di un povero rivoluzionario, per lungo tempo esule dalla sua patria, che lotta per sconfiggere quel mondo ed imporre una nuova eguaglianza tra gli uomini. Il dramma si sviluppa intorno al serrato dialogo liberatorio di questi due personaggi, nel luogo dell’anima non ben precisato dove s’incontrano, quasi una sala d’attesa verso un ipotetico aldilà.
Ancora un omaggio al drammaturgo palermitano Franco Scaldati, dal 29 marzo al 2 aprile, con la messa in scena di Assassina, uno dei suoi testi più divertenti e metafisici, nella nuova messa in scena di Enzo Vetrano e Stefano Randisi. Una vecchina e un omino vivono nella stessa casa dove si preparano da mangiare, si lavano, parlano e giocano coi loro animali: la gallina Santina e il topo Beniamino. Ma la vecchina e l’omino non si conoscono, non si sono mai incontrati, anzi ignorano l’uno l’esistenza dell’altro. E quando improvvisamente, una notte, si scoprono a dormire nello stesso letto, che ognuno ovviamente giura essere il suo, comincia un’infinita sequenza di battibecchi, interrogatori, accuse e smentite, scambi di identità.
Il programma proseguirà, dal 5 al 9 aprile, con Boxe, il nuovo spettacolo di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, per i quali il ring è una metafora del palcoscenico e della vita. Quando il pugile sale sul quadrato non è solo: attorno a lui c’è il team, attorno al team c’è il pubblico. Il pugile resiste a colpi durissimi, sfida il sistema. Il suo team è lì, attorno al quadrato, a ricordargli che lui è l’eroe designato a condurre tutti alla vittoria. Il pubblico partecipa alle gesta dell’eroe. “Ma nel nostro mondo non è così – spiegano i due registi – Lo specchio riflette un’immagine abbastanza desolante del nostro mondo, un mondo svuotato che non cerca più eroi, ma uomini e donne preconfezionati”.
Infine, dal 3 al 7 maggio, andrà in scena Aspettando Antigone di Claudio Zappalà per la regia di Mauro Avogadro. Il testo, vincitore del “Premio Cendic-Segesta 2015”, è nato all’interno del Laboratorio di drammaturgia della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo, curato da Beatrice Monroy. Il giovane autore reinventa il mito mettendo in luce personaggi tutt’altro che eroici, che nella tragedia di Sofocle non hanno alcun peso: le quattro guardie che sorvegliano il cadavere di Polinice, alle quali è restituita una rinnovata dignità, quella dell’uomo comune che discute sulla vita e
l’affronta quotidianamente nell’impossibilità di decifrarla.
Intensa anche l’attività in tournée, con gli spettacoli Odissea a/r di Emma Dante (Napoli, Roma, Pordenone, Pistoia), Bestie di scena di Emma Dante (Milano), Minetti di Roberto Andò (Messina, Roma, Milano, Vicenza, Catania, Torino, Pordenone), Tre di coppie di Franco Maresco (Bologna, Brescia), Horcynus Orca di Claudio Collovà (Messina), Lampedusa Way di Lina Prosa (Milano), 1, 2, 3, crisi… di Giuseppe Provinzano (Bologna, Vignola, Castelfranco, Modena).
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