Non intendono rinunciare al loro posto di lavoro, e chiedono di sapere la verità. Di capire, come sia possibile, che una società assai fiorente sia arrivata a licenziare tutti suoi i dipendenti, ben 139 persone.

E’ la triste situazione in cui si trovano i lavoratori della Cedi Sisa Sicilia S.p.a che ha avviato la procedure per il licenziamento collettivo di tutti i dipendenti dell’impresa con sede a Carini che forniva i supermercati Sisa. La comunicazione è giunta ai sindacati il 30 marzo scorso.

I lavoratori hanno da stamattina occupato la sede e non intendono muoversi da lì. Lo spettro del licenziamento è come una scure sulle loro teste: hanno mutui da pagare, acceso cessioni del quinto dello stipendio, famiglie da mantenere e che rischiano di ritrovarsi per strada.

Sono agitati ma anche fiduciosi nell’opera di mediazione dei sindacati, che stanno spingendo per ottenere quanto meno la cassa integrazione.

Ci sono stati già due incontri con l’azienda, non risolutivi, e domani se ne terrà un altro.

L’azienda – racconta una dipendente e portavoce dei suoi colleghi, Francesca Guida – risulta in liquidazione per cessazione attività. Il presidente del Cedi Sisa Sicilia, Vito Petitto, ci aveva lasciato intravedere qualche possibilità di speranza per salvarci. Ma nulla è stato fatto. Adesso vogliono solo il nostro licenziamento e l’avvio della procedura di mobilità. Noi questo non lo possiamo accettare”.

I lavoratori riferiscono di aver cercato di capire i motivi, ma reali, della chiusura. E puntano il dito ancora contro Petitto. “Ci ha sempre parlato di crisi – dicono – ma noi abbiamo il sospetto più che fondato che il tracollo sia dovuto alla cattiva gestione. Noi abbiamo scoperto, nel tempo, che molti soci hanno acquistato merce che non hanno mai pagato ai fornitori, che hanno iniziato a non inviarci più le scorte. Noi non abbiamo potuto fornire più alcuni supermercati, con il risultato che molti hanno cambiato marchio. Si è determinato un circolo vizioso che ha originato la crisi. Ma altre strade potevano essere intraprese per evitare il licenziamento”.

I dipendenti hanno le idee chiare e forniscono fatti e circostanze: “Sapevamo – raccontano – di un probabile accordo con il marchio Pam che poi si è arenato. Ed è probabile che sia accaduto perché qualcuno non ha voluto rinunciare alla sua poltrona”.

Martedì alcuni lavoratori hanno incontrato il legale e il consulente del lavoro del Cedi per capirne di più. Lo stesso giorno l’azienda ha presentato il documento di concordato preventivo in tribunale.

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