Impertinente e lucido, il matematico Piergiorgio Odifreddi , per quasi due ore, ha catturato l’attenzione dei tanti che hanno partecipato, ieri pomeriggio, nella sala Matterella di Palazzo dei Normanni, al primo focus di invito alla lettura del 2020, organizzato dalla Fondazione Federico II. Un interesse e un’attenzione costanti nei numerosi presenti, anche in chi non condivide del tutto il suo provocante e dirimente pensiero: di qua, la scienza, di là, l’umanesimo che ingloba anche la religione e la narrazione dei suoi miti.
Nello sviluppare “La laicità dei numeri”, tema proposto dal presidente della Fondazione Patrizia Monterosso, non sono mancati tratti di genialità, non scevri da volute provocazioni.
“L’impertinenza di Odifreddi – ha detto Monterosso nel presentare il noto matematico – non è da ricondurre ad un atteggiamento, ad arroganza o insolenza, ma ad una posizione leale e priva di ambiguità nei confronti di chi è portatore di punti di vista differenti. Quest’anno i focus della Fondazione avranno come protagonisti gli autori, cambiando una prospettiva che è sempre quella di invito alla cultura. Ospiteremo personalità stimolanti, portatori di diversi punti di vista rispetto al mondo che ci circonda, con l’obiettivo di contrastare ogni forma di dogmatismo, foriero sempre di fondamentalismo”.
Odifreddi ha tenuto una lunga prolusione sui rapporti fra scienza ed umanesimo, sfida vinta, senza possibilità di ribaltamento, secondo il noto matematico, dalla prima sul secondo. Ha parlato, senza soluzione di continuità, di matematica, fisica, scienza, religione, intervallando le sue riflessioni con aneddoti sagaci e, non poteva essere altrimenti, impertinenti.
Partendo da Pitagora, ha tracciato una parabola lunga oltre due millenni e mezzo che è arrivata fino ad Einstein e Calvino, passando per Galileo, Lucrezio e le capacità matematiche di Napoleone, solo per fare qualche esempio.
“La mia posizione – ha esordito Odifreddi – è notoriamente antireligiosa. Il nodo della questione è che non c’è corrispondenza fra religiosità e spiritualità, cosicché non tutti i religiosi sono spirituali e non tutti gli spirituali sono religiosi. I numeri rappresentano la laicità di un pensiero razionale che ci permette di descrivere i fatti, in contrapposizione a quello basato sulle opinioni; benchè la matematica sia l’espressione più alta del pensiero scientifico, non è contrapposta al pensiero spirituale. Grazie a Pitagora, che potrebbe anche non essere esistito nella sua realtà individuale, la matematica che descrive la natura, spiega anche gli intervalli musicale ed è stata, dunque, il trade union fra la scienza e l’umanesimo, di cui la musica era una colonna portante”.
Nel diciannovesimo secolo avviene la separazione; e la forbice fra scienza e umanesimo si è allargata fino ad un divorzio irreversibile, da imputare, secondo Odifreddi, allo snobismo degli umanisti nei confronti delle tematiche prammatiche della scienza e alla loro pretesa di occuparsi di ciò che realmente sarebbe importante per l’umanità, ma che per lo scienziato, spesso, è vuota terminologia fatta di verbi sostantivati, quali l’Essere metafisico. Il matematico ha lasciato trapelare la sua appartenenza alla schiera degli spirituali, disturbati dal materialismo imperante e non ha dissimulato il suo amore per un intellettuale dell’antichità che non può non essere considerato un umanista, Lucrezio, nonostante sia rimasto immortale per un’opera sulla natura “Il De rerum natura”.
“Alcune spiegazioni sugli atomi di Einstein – ha detto il matematico – sono lucreziane . Certo, oggi, un’opera onnicomprensiva sulla natura sarebbe impensabile perché conosciamo troppe cose, ma alcune anticipazioni di Lucrezio sono clamorose, come quelle sui buchi neri o l’evoluzionismo”. Ma Odifreddi non si arrende nemmeno davanti agli esametri dattilici di Lucrezio: “Già la traduzione in prosa snatura il poema e i traduttori sono soprattutto umanisti, che hanno valorizzato e sottolineato gli aspetti più legati alle loro consonanze”.
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