La tendopoli abusiva è cresciuta giorno dopo giorno in un anno e mezzo. A Piazza Kalsa, all’ingresso del centro storico di Palermo, la parte laterale di un terreno verde è diventata il rifugio di fortuna di una minuscola comunità di persone che arrivano dal Centro Africa.  Lì sopravvivono una dozzina o poco più di immigrati centro africani. Gli spazi della piazza sono stati inghiottiti a poco a poco da tende, vecchi ombrelloni, divani sfondati, sedie malconce e tappeti usati per ripararsi dalle intemperie. Non interviene nessuno e nessuno da una mano a parte le ronde notturne che passando da lì lasciano del cibo e qualche bottiglia d’acqua.

La storia di Isaac che viene dal Ghana

Isaac viene dal Ghana. E’ arrivato a Palermo un anno e mezzo fa. Non ha un lavoro e vive in quella tendopoli da quando è arrivato. “ Se avessi un lavoro affitterei una stanza, non mi piace stare qua ma è sempre meglio di niente. Di notte qualcuno ci porta da mangiare ma poi non riceviamo alcun aiuto”. La gente del quartiere non fa quasi più caso a quella presenza precaria. Ovviamente nella tendopoli non ci sono servizi igienici e quando la natura chiama, ai ragazzi che vivono sotto le tende non resta che andare sul lungomare.

La bidonville cresce e inghiotte pezzi della città

Quel ghetto cresce di giorno in giorno. Dopo aver conquistato un pezzo di giardino, la bidonville palermitana ora si estende anche sotto il tunnel della Porta dei Greci e ha preso possesso di un pezzo di strada accanto alla piazza.  Lungo quel vicolo che costeggia Piazza Kalsa, una mezza dozzina di tende precarie, fatte di cartoni, latte e pezzi di stoffa sono state create proprio ai margini dell’asfalto, con le auto che quasi sfiorano i rifugi di fortuna, creati dagli immigrati centro africani.  Eppure, quei ragazzi che vengono dall’Africa nera sono invisibili agli occhi di chi vive in quel quartiere. Eppure quella è una zona estremamente controllata. Per vivere Isaac fa il parcheggiatore abusiva in quella stessa piazza dove lui e i suoi amici hanno creato la tendopoli.  “Non posso tornare nel mio paese – spiega Isaac – perché tornare lì equivale a morire”.

 

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