Finisce al collegio di disciplina dell’università di Palermo il caso di un professore di Medicina accusato di sessismo. Ad avere mosso queste accuse tre allieve che sarebbero poi le vittime di questi presunti atteggiamenti discriminatori. La vicenda, sollevata dal quotidiano “La Repubblica”, era partita da una lettera anonima ricevuta lo scorso venerdì dal rettore Massimo Midiri. Adesso viene confermata da tre specializzande.

Lettere spedite in Procura

Midiri aveva spedito la missiva alla Procura e adesso ha chiesto una relazione al professor Giovanni Pantuso, responsabile dei 19 specializzandi in chirurgia. “Purtroppo – spiega il rettore – abbiamo avuto riscontri alla lettera anonima”. E per questo è stato attivato il consiglio di disciplina. Gli specializzandi saranno tutti sentiti, prima di ascoltare il professore sotto accusa. Quest’ultimo potrà presentare le controdeduzioni e indicare testimoni.

Possibili nuove segnalazioni alla Procura

Qualora si ravvisassero rilievi penali, lo stesso consiglio li segnalerà alla magistratura. Nella denuncia anonima si racconta, tra l’altro, che una specializzanda, durante la pausa pranzo, sarebbe stata accusata dal docente di voler andare in sala operatoria con un altro docente per interessi diversi da quelli professionali. Il professore avrebbe anche pronunciato commenti volgari sull’abbigliamento delle ragazze.

Come era partito il caso

Una lettera anonima accusava un docente dell’università di Palermo di sessismo e da qui è scoppiata la bufera. Il rettore Massimo Midiri sin da subito aveva annunciato di aver avviato un’indagine interna. Anzitutto per capire la veridicità di questa lettera, anche se appariva essere molto circostanziata. Dunque potrebbe essere una “mano” interna, cioè qualcuno che da testimone ha visto e raccontato. Un prof dell’università ordinario di Medicina, con tanto di nome e cognome, avrebbe rivolto espressioni pesanti, definite di puro “sessismo”. Avrebbe accusato una specializzanda di avere una tresca con un chirurgo, altre ancora sarebbero state etichettate in modo brutale per il loro modo di vestire.

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