La Sicilia si prepara al lungo fine settimana Pasquale, con i riti religiosi pronti a prendersi la scena e permettendo di scoprire le diverse tradizioni e le diversità delle celebrazioni da ovest a est. Oltre alla processione dei misteri nel trapanese infatti, molti eventi diversi tra loro possiedono parecchia risonanza all’interno del panorama siciliano. A seguire, si possono trovare molteplici possibilità per vivere questa settimana Santa all’insegna delle tradizioni.
Incappucciati di Enna:
Una sfilata di uomini incappucciati, appartenenti a diverse confraternite riconducibili al periodo spagnolo, durante la processione del Venerdì Santo. Restano incerte e misteriose le motivazioni profonde che stavano alla base della nascita di questa forma di organizzazione sociale. Le confraternite avevano prevalentemente compiti assistenziali presso gli ospedali, ricoveri e carceri. Solo nel 1600 vennero autorizzate a costituirsi come associazioni religiose per promuovere il culto, ricevendo dai sovrani privilegi e norme ben precise.
Svolgimento del rito:
Nella processione del Venerdì Santo, centrale è il tema del dolore e della morte, il silenzio, il raccoglimento e la compostezza. Il passo lento dei confrati, i penitenti incappucciati che tentano di espiare i loro peccati, è un altro simbolo della mestizia del viaggio sacro; muoversi lentamente aiuta l’uomo ad ascoltare meglio Dio ed è un invito alla meditazione. Molto significativo anche il viso coperto dei confrati: gli uomini si uniformano di fronte al dolore a alla morte, perdendo volutamente la propria identità. Ma quel cappuccio che lascia intravedere solo gli occhi in realtà isola ogni individuo da tutti gli altri, e il dolore diventa anche strettamente personale e non condivisibile, un dolore muto e solitario.
Le “Barette” di Messina:
Una delle processioni più sentite e suggestive nel Messinese è quella delle “Barette”, il Venerdì Santo, che escono dalla chiesa del Nuovo Oratorio della Pace in via 24 Maggio e, nello stesso luogo, vengono custodite durante l’anno. Si tratta di un evento religioso che risale al 1610, anno in cui si deliberò di promuovere e realizzare una processione di statue rievocanti la Passione di Cristo. Il termine “baretta” deriva dal fatto che, in origine, si portavano in processione cinque «machine d’argento e di finissimi cristalli» rappresentanti i «misteri dolorosi», appunto dette «bare»; infatti, si tratta di una sorta di catafalco a forma di bara.
Svolgimento del rito:
Il Cristo morto viene portato a spalla, con questo catafalco seguito poi da altre bare. I gruppi statuari, realizzati in varie epoche, sono in cartapesta, gesso e legno. Particolarmente suggestiva è quella del “Cristo che cade sotto il peso della Croce”, realizzata in cartapesta nel primo Settecento dal ceroplasta messinese Giovanni Rossello, rifatta dopo il 1908, e, quella de “l’Ultima Cena”, di Matteo Mancuso, del 1846, anch’essa rifatta sullo stesso modello dopo il terremoto.
Le “Sciaccarate” di Ferla (SR):
I contadini, la gente del popolo pensò di accompagnare Gesù Risorto con la luce, simbolo della Resurrezione, ma non avevano abbastanza mezzi per illuminare il sagrato e la parte circostante. Così presero ramoscelli di erba secca che trasformarono in tante luminose fiaccole. Le vie si animavano con il vociare dei bambini, con i canti e le sante preghiere della Pasqua. Queste particolari fiaccole presero poi il nome di “Sciaccare”
Svolgimento del rito:
La sera del sabato Santo, accese le Sciaccare, si corre a seguito del simulacro del Cristo Risorto, in una corsa per la vita, una corsa che attraversa il borgo, simbolo della rinascita di Cristo dalla morte alla vita, dal buio alla luce. Oggi la festa è molto più grandiosa rispetto a quella di secoli fa: appena giunge la sera tutte le campane suonano a festa, si accendono i giochi pirotecnici, le chiese sono illuminate. La sera del sabato, accompagnata dalla banda musicale, la Madonna, abbigliata da un mento nero, viene portata in processione per le vie della cittadina. Maria, addolorata, cerca il Figlio, u Gesummaria. Poco dopo, Cristo Risorto viene portato in spalla da giovani devoti che corrono circondati da tantissime e suggestive fiaccole accese
Balli dei Diavoli di Prizzi (PA):
Di presumibili origini medioevali, la manifestazione conserva evidenti tracce di celebrazioni pagane incentrate sul trionfo della vita e della rinascita della vegetazione agli inizi della primavera. La domenica di Pasqua il paese si sveglia con la comparsa di 2 diavoli, differenziati solo per il colore del vello ovino che ne ricopre le spalle (uno nero e l’altro bianco). Agitano e sbattono sulla maschera tranci di catene, a simboleggiare la momentanea libertà del male.
Svolgimento del rito:
Durante “u ballu” i diavoli passano a 4, con gli altri 2 che hanno il compito di coinvolgere più gente possibile, per poi scomparire all’arrivo della morte, caratterizzata da una tuta di iuta di colore giallo e una maschera di cuoio da cui escono denti aguzzi. Lo strumento che tiene in mano, a forma di balestra, viene utilizzato per dirigere le malefatte dei diavoli e per puntare di una vittima prescelta. Una volta individuata, le vittime da portare all’inferno vengono condotte in una casa adibita per l’occasione, dove le vittime possono riscattare le loro anime grazie al pagamento di un obolo, per poi ricevere i “cannateddi”, caratteristici dolci pasquali di pasta frolla. Alle 2 estremità della strada poi, troviamo le statue della madonna addolorata e del cristo risorto, che piano piano iniziano ad avvicinarsi con i diavoli che tentano di impedirlo. Quando sono di fronte, parte l’inno di benedizione: al primo inchino il velo nero della madonna lascia spazio a quello azzurro, al terzo i diavoli vengono uccisi dalle spade degli angeli che accompagnavano il Cristo.






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