Per gli inquirenti è stata lei, Veronica Panarello, ad uccidere suo figlio, il piccolo Loris Stival strangolato con delle fascette da elettricista e gettato in un canalone a Santa Croce Camerina il 29 novembre 2014.
Ma nella mente di Veronica Panarello tutto è confuso, i ricordi emergono pian piano, dando vita a nuovi e torbidi colpi di scena.

La giovane mamma adesso tira in ballo il suocero, Andrea Stival, sostenendo che era il suo amante, e che sia stato proprio il nonno di Loris ad ammazzare il bambino quando quest’ultimo avrebbe scoperto la loro relazione.

Veronica Panarello ieri ha parlato in carcere nuovamente con gli psichiatri per la conclusione della perizia che verrà depositata alla prima udienza del processo fissata per l’ 11 maggio. Nel colloquio ha ricostruito i nove giorni che precedono l’omicidio del bambino.

“Me lo disse anche il sabato mattina, mi disse che non voleva andare a scuola e che doveva parlare con suo padre, me lo disse con aria di sfida” ha detto Veronica agli psichiatri.

Che tra Veronica e Andrea Stival vi fosse stata una relazione era un’ipotesi che gli inquirenti avevano preso in considerazione sin dai primissimi giorni dell’indagine.Ma ecco la ricostruzione di quei nove giorni prima del delitto fatta da Veronica Panarello al pm Marco Rota.

È il 20 novembre quando il bambino scopre la madre con il nonno intenti a scambiarsi evidenti effusioni in cucina.
“Avevo paura che il bambino potesse rivelare l’ accaduto al padre. Il giorno dopo, mi pare che fosse il 22, Davide (che era fuori per il suo lavoro) sarebbe tornato. Decisi di affrontare l’ argomento con Loris chiedendogli il perché del suo nervosismo, ma lui mi rispose chiedendomi quando sarebbe tornato papà. Pensai che attendeva il ritorno di Davide per dirgli quanto aveva visto tra me e mio suocero, cercai di convincerlo di non farlo ma lui mi disse che papà doveva sapere poiché nonno aveva atteggiamenti diversi dal solito. Io insistetti con lui per assicurarmi che non avrebbe rivelato nulla dicendogli che se avesse raccontato quello che aveva visto si sarebbe ritrovato come me con due genitori separati”.

Il sabato 22 novembre, quando suo marito torna a casa per il week-end, Veronica è molto nervosa e preoccupata.

“Ricordo che cercai di evitare che padre e figlio potessero rimanere da soli. Ero estremamente impaurita che questo episodio avrebbe potuto avere conseguenze sull’ unitafamiliare e non ebbi il coraggio di raccontare nulla a mio marito“.
Il pm Rota le chiede: “Tra il 28 e il 29 novembre affrontò ancora l’ argomento con Loris?”.

“Ne abbiamo parlato la sera del 28 novembre (la sera prima dell’omicidio, ndr). Di pomeriggio avevo dormito e quando mi ero svegliata il mio cellulare non era più nel posto in cui lo avevo lasciato e sul display c’ erano parecchie telefonate di Davide, mio marito.
Chiesi a Loris se l’ avesse preso lui. Loris prima negò poi mi disse che era stato lui, io ero preoccupata che avesse risposto al padre rivelandogli la relazione con mio suocero. Chiamai subito Davide ma dal tenore della sua risposta capii che non aveva parlato col bambino e così mi tranquillizzai”.

Veronica, nonostante numerose prove, tra cui le telecamera del paese la smentissero, ha sostenuto per oltre un anno di aver accompagnato il bambino a scuola. Adesso la sua versione è cambiata: “Il giorno dopo, il 29, Loris mi disse che non voleva andare a scuola e mi chiese ancora quando sarebbe tornato papà perché doveva parlargli, lo disse con aria di sfida. Questo comportamento mi ha allarmato e così ho deciso di farlo tornare a casa, ci avrei parlato al mio ritorno promettendogli che lo avrei portato con me al corso di cucina. Dopo averlo lasciato il mio timore crebbe perché mi accorsi di avere lasciato a lui il mio cellulare scarico e lui poteva metterlo sotto carica e utilizzarlo per chiamare il papa mentre io ero fuori”.

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