Dopo anni di feroci polemiche finalmente dal 5 aprile 2016 la provincia di Ragusa ha il suo Piano paesaggistico, uno strumento che tutela lo straordinario patrimonio culturale ambientale e paesaggistico degli Iblei, fatto di carrubi muretti a secco masserie storiche e animali al pascolo, conosciuto in tutto il mondo grazie anche alla fiction del commissario Montalbano.
“Ma le multinazionali del petrolio – dichiara Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente Sicilia – non ci stanno e non vogliono prendere coscienza che la provincia di Ragusa ha chiuso con l’industria estrattiva e che ha scelto un altro modello basato su turismo culturale e agricoltura di qualità, come dimostrano i casi di Scicli, Modica e Ragusa. Colpisce l’accanimento di Eni ed Edison verso quel territorio, dove i giacimenti attuali sono in evidente di calo di produzione ormai da anni (meno 45% negli ultimi 2 anni ) e quelli nuovi, come il pozzo Arancio, apporteranno un contributo molto modesto a giudizio della stessa Eni, sempre che sia produttivo”.
Una trivellazione intensiva del territorio ibleo e delle coste siciliane si tradurrebbe in entrate fiscali e creazione di lavoro molto più modesti di quelli attesi, mentre danneggerebbe le altre attività economiche – a partire da quelle legate al turismo o all’agricoltura di qualità.
Di conseguenza pochissimi vantaggi e tanti rischi per l’ambiente e il paesaggio, anche per le altre provincie siciliane, visto che è stato impugnato anche l’art. 20 del Piano paesaggistico, quello che regola i livelli di tutela in tutta l’isola.
“Se il Tar dovesse accogliere il ricorso di Eni ed Edison si ritornerebbe indietro di decenni ai tempi dell’assalto della speculazione edilizia al territorio siciliano. Invitiamo quindi – conclude Zanna – tutte le amministrazioni comunali della provincia di Ragusa, gli operatori turistici e agricoli e tutti coloro che hanno a cuore la tutela del territorio e del paesaggio a costituirsi ad opponendum contro il ricorso di Eni ed Edison”.
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