“Tutti sapevano che la piccola andava con i colleghi di lavoro ed invece di denunciare anche anonimamente si giravano dall’altra parte o peggio la cercavano per avere anche loro rapporti sessuali. Tutti sapevano, ma nessuno parlava”.

Lo sottolinea la Procura distrettuale di Catania nella nota emessa sul caso della 13enne che la madre faceva prostituire nelle campagne del Ragusano. La donna e 4 ‘clienti’ sono stati fermati della squadra mobile della Questura di Ragusa nell’ambito dell’operazione ‘Greenhouse’. La madre è indagata per favoreggiamento della prostituzione e i quattro uomini per violenza sessuale anche se “non hanno coartato la piccola fisicamente”.

Questo perché, spiega la Procura, “il legislatore ha voluto proteggere i minori di 14” che “non possono autodeterminarsi nel voler consumare un rapporto sessuale, non avendo ancora raggiunto quel grado di maturità”.

Inizialmente i primi rapporti sessuali venivano consumati dalla piccola all’interno di un casolare abbandonato a pochi metri dal mare, tra una serra e l’altra dove c’era solo una rete con un materasso.

Gli operai che finivano di lavorare in campagna si appartavano con lei trovando rifugio dietro una tenda fatta con un lenzuolo per proteggersi da occhi indiscreti ma tutti invece sapevano e nessuno parlava.

In seguito la ragazzina veniva portata dalla madre da un anziano dove faceva la cameriera per poter avere dei generi di prima necessità o anche per fare una doccia e l’uomo la portava su in camera per chiederle dei favori sessuali; così come da altri uomini andavano per poter avere ospitalità in case al mare in territorio di Marina di Acate che in inverno restano disabitate dalle famiglie degli approfittatori, questo perché le due donne spesso avevano dormito in case abbandonate prive di qualsivoglia idoneità alloggiativa.