PALERMO (ITALPRESS) – Ucciso semplicemente per aver fatto il proprio dovere di medico, respingendo le pressanti richieste di Cosa nostra di alterare una perizia ed evitare l’incriminazione di un boss: Paolo Giaccone se ne andava 41 anni fa, freddato da cinque proiettili tra i viali del Policlinico che oggi porta il suo nome. Lo hanno ricordato con una cerimonia sul luogo dell’eccidio gli ex colleghi e gli attuali dirigenti del dipartimento di Medicina legale, il direttore amministrativo del Policlinico, Arturo Caranna, il sindaco Roberto Lagalla, l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, il rettore dell’Università di Palermo Massimo Midiri e il preside della scuola di Medicina Marcello Ciaccio.
Oltre che come docente ordinario di Medicina legale, Giaccone esercitava la professione svolgendo consulenze per il Tribunale, in un periodo profondamente segnato dalla pervasività di Cosa nostra nel tessuto sociale ed economico della città. Nel 1981, dopo una sparatoria a Bagheria in cui persero la vita quattro persone, gli fu assegnato l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer: questi venne poi identificato in Giuseppe Marchese, esponente di spicco della cosca di corso dei Mille. Diverse furono le intimidazioni nei confronti di Giaccone affinchè modificasse la perizia e scagionasse Marchese, ma il medico fu irremovibile e il killer venne condannato all’ergastolo. L’11 agosto 1982 il drammatico epilogo, in una Palermo ancora scossa dall’omicidio di Pio La Torre e che tre settimane dopo sarebbe rimasta impietrita dalla strage di via Carini.
Lagalla lo ricorda come “un docente di straordinaria comprensione e signorilità, un professionista, un maestro e un testimone di valori. Fu con lui che nel luglio 1979 feci il mio ultimo esame a Medicina: l’esigenza di laurearmi tempestivamente non mi aveva fatto preparare la sua materia con i fiocchi, ma il professor Giaccone se ne rese conto e vedendo il libretto universitario fu molto comprensivo, dandomi un 27 più per la carriera che per l’esame. Mi laureai subito dopo, nello stesso giorno in cui Palermo dovette confrontarsi con l’omicidio di Boris Giuliano”.
Anche Volo ne celebra la memoria, sottolineando come “chi non ha vissuto quei tempi imparerà che l’esempio di Giaccone può migliorare questa terra. Ci ha insegnato che gli obiettivi dei cittadini devono sempre essere in linea con le regole: da parte mia, quand’ero direttore sanitario al Policlinico, mi sono sempre impegnata a far rispettare i principi di giustizia”.
Il coraggio di Giaccone è un monito al rispetto delle regole per tutti i cittadini ma in particolare, secondo Midiri, agli studenti di Medicina: “Il messaggio fondamentale che ci ha lasciato Paolo Giaccone è quello del senso del dovere – sottolinea – E’ morto perchè ha scelto di essere coerente con la sua personalità. In una città che sta cambiando, e che è molto diversa rispetto al 1982, il suo insegnamento è uno strumento fondamentale per formare le coscienze; ai giovani medici ha lasciato un approccio di rispetto e serietà per tutto ciò che faceva”. Gli fa eco Ciaccio, il quale evidenzia come “la professione medica ha delle regole da seguire ed è ricca di responsabilità: ricordare Giaccone significa diffondere la cultura della legalità e dell’impegno civile, ci ha insegnato che bisogna agire seguendo le regole e non con soluzioni più comode”.
Anche per Caranna l’insegnamento di Giaccone “ci ispira quotidianamente e ci porta a ragionare sui principi di correttezza e di non voler essere mai condizionato da fattori esterni”.
Per Paolo Procaccianti, collega del docente assassinato dalla mafia a Medicina legale, “il suo sacrificio costituisce ancora un esempio di elevata moralità ed esercizio esemplare della professione sanitaria. Giaccone aveva un animo buono e gentile, che gli ha permesso di portare avanti esempi di giustizia e libertà”.

– foto ufficio stampa Policlinico Palermo –
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