L’Inda, organizzatrice degli spettacoli classici al Teatro greco di Siracusa, compie 110 anni. Una lunga storia quella dell’Istituto, diventato Fondazione all’alba del Terzo millennio, che la settimana prossima presenterà la 59esima stagione nell’antica cavea. Sulla storia dell’Inda e sul suo futuro ne abbiamo discusso con Loredana Faraci, storica del Teatro, docente ordinaria all’Accademia di Belle arti statale di Catania.

Come nascono le rappresentazioni classiche?

Merito di Mario Tommaso Gargallo dei Marchesi di Castel Lentini che, con il Comitato Generale per  le Rappresentazioni Classiche, presieduto dal sindaco Giuseppe Toscano, riuscì ad unire forze e volontà. Il merito va dato anche chi, poi, in questi lunghissimi anni, ha saputo conservare e mantenere questa unicità. Tanti volti, voci e decisioni sono state assunte in questi lunghi anni, frutto di politiche culturali molto diverse, a volte anni luce lontane.

Quale è il percorso storico dell’Inda?

Innanzitutto va detto che quella dell’Inda è una storia ininterrotta, a parte cause di forza maggiore come le guerre e l’epidemia di Covid 19. Ed è, soprattutto, una storia di teatro all’aperto che non si sottrae al percorso di ricerca e di innovazione di tutto il teatro del Novecento. Un esempio, dopo la Seconda guerra mondiale, nel ciclo allora biennale che va dal 1948 al 1968, a Siracusa si manifesta quello che, di fatto, è un fenomeno nazionale ovvero il consolidamento della regia.

In che modo?

Dall’attore, unico e solo protagonista della scena, si passa alla presenza costante del regista. Anche a Siracusa arrivano Orazio Costa (Ippolito di Euripide nel 1956), Virginio Puecher (Medea di Euripide nel 1958) e quindi la grande innovazione, nel 1960, con Orestiade la trilogia eschilea tradotta da Pier Paolo Pasolini con gli indimenticabili Vittorio Gassman e Luciano Lucignani. E se andiamo a guardare i nomi dei registi ci troviamo anche Giuseppe Di Martino, Sandro Bolchi, Mario Ferrero ovvero tutto il mondo dello spettacolo e della televisione. Attenzione, potremmo anche pensare che quella prima Inda fosse fatta soprattutto di Annibale Ninchi, Salvo Randone, Lilla Brignone, Anna Miserocchi, Valentina Fortunato. Assolutamente sì ma in Europa e, quindi, anche in Italia il teatro non si fa solo con gli attori ma anche con registi, scenografi e traduttori. Esattamente come accadeva puntualmente a Siracusa.

E’ un azzardo dire che Siracusa è stato un laboratorio teatrale nel ‘900?

E’ così. Pensiamo ad esempio a Giancarlo Cobelli, un nome tra tantissimi, con Trachinie del 1980 dove una straordinaria Valeria Moriconi nel ruolo di Deianira, rispondeva esattamente alle esigenze di modernità e inquietudine femminile, riscontrando un grande successo di critica. Gli anni Ottanta hanno visto anche un grande protagonista dell’INDA, il professor Giusto Monaco.

Che ruolo ha avuto Monaco?

A lui si deve il riconoscimento dell’Istituto ad Ente Pubblico e la sua presenza, cosa che accade ancora oggi attraverso i maggiori traduttori e grecisti, tra le aule universitarie. Giusto Monaco sui registi, soprattutto giovani registi, scommetteva molto ma, in realtà, tutta la tradizione dell’Inda e poi Fondazione, con i suoi consiglieri e sovrintendenti, ha scommesso e vinto sempre sui grandi nomi del teatro, se pensiamo a  Peter Stein, Luca Ronconi, Mario Martone. Ecco, credo che la storia di questi 110 anni vada sempre raccontata tutta, con coraggio e devozione. E’ una storia di Teatro ma che di Arte, di artisti scelti perché attraverso i loro manifesti, portassero lontano la storia della tragedia greca di Siracusa, delle feste classiche siracusane.

Registi ed attori a parte, che storia è quella dell’Inda?

E’ la storia di donne e uomini che hanno manifestato sempre una grande dedizione. La Fondazione INDA è soprattutto la storia di intere generazioni di macchinisti, scenografi, sarte, falegnami, fabbri, elettricisti siracusani, i cui nomi di anno in anno si ricordano. A volte sono i nomi dei padri o delle madri che hanno poi lasciato il posto ad altrettanto appassionati figli lavoratori. Senza di loro il teatro ogni anno non si farebbe, e fanno bene i dirigenti a chiamarli e ringraziarli sempre sulla scena. Un tempo, per fortuna lontano, non si faceva, eppure, senza la dedizione delle maestranze e chi le guida il teatro non partirebbe.

Che legami ci sono tra l’Inda e le università?

Una parte importante della Fondazione è anche quella dei laboratori. Da decenni mi occupo di fare da ponte tra le Accademie di Belle Arti, dove insegno in giro per l’Italia, ed i laboratori di scenografia dell’INDA. Moltissimi miei studenti di tutta Italia sono stati accolti come stagisti. Questa esperienza li ha talmente arricchiti da farli cambiare del tutto. A volte un’esperienza di formazione può segnare positivamente e creare una svolta decisiva, soprattutto quando hai venti anni. E di questo dobbiamo ringraziare, noi docenti, una particolare apertura della Fondazione INDA il verso il mondo dell’università e delle accademie.

Cosa si potrebbe fare per la Fondazione?

Ancora tanto, credo. Se pensiamo ai bravissimi studenti dell’Accademia del Dramma Antico ma anche al lavoro continuo di difesa e di mantenimento dell’Archivio, da parte del personale qualificato che vi lavora. Credo sia giunto il momento di pensare che la nostra storia, la nostra memoria vada difesa ma anche sostenuta con importanti azioni di salvaguardia. Da anni vado a studiare in Archivio AFI, uno dei luoghi più belli della storia del teatro del Novecento.

Per non dire solo….Lo spettacolo era lì, nella cavea, sugli strapiombi delle latomie, su ogni sasso… come scriveva Salvatore Quasimodo, nel giugno del 1948, ma continuare a dire “La storia è sempre qui, in questa straordinaria cavea, in questo straordinario mondo di Eschilo, Sofocle ed Euripide che non finirà mai” credo che non si debba mai smettere concretamente di salvaguardare l’unicità del teatro greco, che diventa per diversi mesi l’anno una meravigliosa scatola magica. E credo che le persone, tutte, dal Presidente, che poi è il sindaco della città, al consigliere delegato, la dott.ssa Marina Valensise, al consiglio di amministrazione per intero ma anche tutti gli impiegati che lavorano indefessamente al  Palazzo Greco, facciano ogni giorno un gran lavoro, perché la scena antica possa esistere e rimanere, sempre, contemporanea.