Non c’è correlazione tra le somme sequestrate dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta del fallimento dei supermercati Gemar di Siracusa con il presunto caso di bancarotta.

Questa, in sostanza, la motivazione dei giudici del Tribunale del Riesame di Siracusa, che hanno disposto il dissequestro di circa 130 mila euro nella disponibilità della famiglia Barcio, coinvolta nel procedimento della Procura di Siracusa.

L’inchiesta

Secondo gli inquirenti, nel corso della procedura fallimentare, sarebbero emerse  “delle condotte distrattive dei soci e dei loro familiari, i quali avevano asportato un ingente quantitativo di merce e denaro contante”.

Il ricorso della difesa

La difesa, rappresentata dagli avvocati Bruno Leone, Antonino Leone e Costantino Vinci, ha presentato ricorso dopo il sequestro.

Le motivazioni del Riesame

Secondo quanto emerge nelle motivazioni del Riesame, innanzitutto, “il decreto risulta carente sotto il profilo della motivazione della finalità probatoria”.

Cosa avrebbe dovuto fare la Procura

Nel pronunciamento dei giudici emerge che “la finalità probatoria avrebbe potuto essere quella di verificare la corrispondenza, seppur approssimativa, del denaro rinvenuto nella disponibilità degli indagati e dei loro familiari con l’ammontare del denaro prelevato dalle casse, a seguito dello storno degli scontrini e dei passaggi bancomat effettuati dagli indagati”.

Inoltre, i giudice del Riesame spiegano che “di tale attività di indagine da espletare per verificare la corrispondenza sopradescritta, non vi è traccia nel decreto, tanto che non risultano sequestrati nè i registratori di cassa, né risultano effettuate verifiche in ordine agli scontrini annullati ed i pagamenti risultanti dai bancomat intestati agli indagati”.

La Cassazione

A supporto della propria decisione, il Riesame, nella motivazione, porta all’attenzione un pronunciamento delle Cassazione. “Con specifico riferimento al denaro – si legge nel provvedimento – è stato affermato che lo stesso, qualora costituisca corpo del reato esprime in se l’esigenza probatoria soltanto quando le banconote o le monete sequestrate abbiano una specifica connotazione identificativa in relazione al fatto da provare”.

 

 

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