Con le “rivelazioni” sugli atti del progetto del Mart per il Caravaggio di Siracusa, il Consorzio tra diverse associazioni, costituitosi per la “tutela” dell’opera e contrario al prestito del Seppellimento di Santa Lucia, è riuscito nella meritoria impresa di confermare la bontà di tutte le procedure amministrative da esso seguite. “Tutela” dunque solo presunta, e solo in contrasto al Mart da parte di questi novelli custodi del patrimonio non pervenuti nei dieci anni in cui il capolavoro è stato lasciato addossato alla pala del Guinaccia e in condizioni ambientali proibitive.
Mentre fino all’altro ieri si era addirittura messa in dubbio la stessa esistenza dei pareri espressi dalle diverse istituzioni coinvolte nel complesso progetto, ora si ritrovano per le mani un corposo carteggio a smentirli. Salvo Salerno, dirigente della Regione Siciliana, “mente” giuridica di questa operazione di mistificazione volta solo a interferire col buon andamento di più pubbliche amministrazioni, mette in dubbio l’operato della collega soprintendente di Siracusa, Donatella Aprile. Peccato che lo faccia sulla base di conoscenze difettose in modo imbarazzante della normativa sui prestiti. Indeciso tra un combinato degli articoli 48 e 112 del Codice dei Beni Culturali, che, richiamato per far credere che ci sia l’obbligo di coinvolgimento del Comune, prevede, al contrario, che la concertazione tra enti possa mancare (ma non è il nostro caso, le interlocuzioni sono in atto e verranno formalizzate a prestito concesso), e una circolare del Mibact, che fa riferimento a tutt’altra struttura amministrativa da quella della Regione autonoma, che si è data una sua specifica disciplina in materia (Decreto Tusa del 2019).
Hanno le carte alle mani, ma si guardano bene dal dire che nella richiesta di prestito al Fec è sottolineato che “il progetto espositivo non ha solamente uno scopo di valorizzazione e ricerca, ma anche e soprattutto conservativo” e che il loan fee, il contributo di 100mila euro, è destinato a “tutto quanto necessario ai fini degli interventi ritenuti opportuni per la tutela e la valorizzazione dell’opera sotto il coordinamento degli organi competenti”. Ivi compresi i costi della copia, perché la scansione ad alta definizione riveste una rilevante funzione sotto il profilo scientifico e conservativo, come sottolineato nell’ultima relazione Icr di Roma del 10 luglio. Le altre somme impegnate dei 350mila euro dovevano servire, come sempre detto, per il climabox previsto nel 2006 dal Crpr di Palermo, ma l’orientamenti dei tecnici romani è oggi teso a scartare questa soluzione in favore di altre più aggiornate per controllare il microclima della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, dov’è previsto che torni il dipinto. Serve definire quali interventi occorrano e i costi. Presumere di saperlo fin dall’inizio sarebbe stata una prevaricazione nei confronti dell’organo preposto alla tutela.
Sono ben altre le questioni da chiarire. Come la nota con cui il Vicario del Vescovo avrebbe rivisto il parere favorevole già espresso dal Vescovo Pappalardo. In un momento di “passaggio di consegne” tra il precedente e il nuovo Vescovo, il Vicario, senza informare la Soprintendenza, l’unica titolata ad esprimersi in materia di tutela, afferma che sarebbero venute meno le condizioni indicate nel parere (che così non può essere nemmeno definito, dato che la Curia è stata sentita per cortesia istituzionale).
E lo fa sulla base della relazione provvisoria Icr e non dell’ultima corposa di 40 pagine in cui l’Istituto documenta la “necessità non sostituibile di proseguire le analisi presso i laboratori dell’ICR in Roma”, pronti per effettuare tutto quanto necessario. Questa relazione, insieme a quella con cui il Crpr di Palermo attesta di non possedere la strumentazione necessaria, è stata già inviata dalla Soprintendente al Fec, al quale solo spetta a questo punto di esprimersi.
Non vale la pena, infatti, dilungarsi, sulle ipotesi avanzate dal Salerno in merito alla proprietà del bene: quella che vorrebbe capziosamente far passare per una sentenza o un’ordinanza è, in verità, una deliberazione della Corte dei Conti dei 2017 che chiarisce inequivocabilmente che: “la Direzione centrale per l’amministrazione del Fec ha confermato che le poche operazioni avviate negli anni di prima applicazione della l. n. 222/1985 non si sono concluse con il provvedimento finale definitivo di trasferimento”.
Si tratta in sostanza di un atto che conferma il mancato perfezionamento delle operazioni di trasferimento del patrimonio, peraltro circoscritto a soli due casi in tutta Italia e tra essi non vi è sicuramente il Caravaggio di Siracusa, neanche mai lontanamente evocato nella predetta deliberazione. Resta dunque quello di costoro uno “sforzo” fuori tempo e puramente demagogico.
(Silvia Mazza, storica dell’arte e giornalista, responsabile per il Mart del “coordinamento tecnico delle procedure inerenti il prestito e l’intervento conservativo dell’opera”).
Commenta con Facebook