Un’altra azienda agricola del Siracusano ha subito un’interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Siracusa, Giusi Scaduto. Dopo quelle che hanno interessato delle imprese ricadenti nel territorio di Carlentini, il nuovo provvedimento, notificato nei giorni scorsi, ha riguardato una ditta nella zona di Francofonte, in contrada Frisilla.

I legami familiari

Secondo quanto emerge nella ricostruzione della Prefettura ci sarebbero dei legami tra le aziende di Carlentini, gravitanti nell’orbita della famiglia Carcione, coinvolta nel 2015 nell’inchiesta della Procura di Siracusa denominata Terre Emerse sulla presunta appropriazione di terreni da cui avrebbero ottenuto contributi europei, e quella di Francofonte.

Il clan dei Nebrodi

Si tratterebbe di un rapporto di natura familiare che interessa anche il gruppo Bontempo Scavo, operante nell’area dei Nebrodi, finito nell’operazione Nebrodi conclusa nel gennaio del 2020 con 194 persone indagate, alcune delle quali già condannate in primo grado.

Notai e funzionari pubblici al servizio

L’inchiesta messinese, come per Terre emerse, avrebbe svelato gli interessi per gli ingenti aiuti comunitari destinati al comparto zootecnico ed agricolo. In quell’indagine della magistratura messinese, il clan si sarebbe servito di un notaio e dei funzionari dei Centri assistenza per l’Agricoltura (CAA), coloro che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura.

La condanna di un ex deputato Ars

Anche nell’inchiesta della Procura di Siracusa, si scoprì che la famiglia carlentinese avrebbe ottenuto la disponibilità dei terreni con la collaborazione di un notaio, l’ex parlamentare regionale Giambattista Coltraro, condannato in primo grado in un procedimento giudiziario parallelo a quello a cui sono sottoposti diversi componenti della famiglia Carcione.

Un sistema ramificato in Sicilia

Nell’interdittiva della Prefettura di Siracusa sono citate altre inchieste in Sicilia, tra cui anche Caltanissetta ed Enna, in cui emerge uno stesso modus operandi portato avanti da persone con vincoli di parentela agli esponenti del clan dei Nebrodi.

Le motivazioni del gip di Messina

Insomma, un sistema ramificato che, secondo quanto indicato dal Gip del Tribunale di Messina, punta “all’accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale, depredandolo di ingentissime risorse, nella studiata consapevolezza che le condotte fraudolente, aventi ad oggetto i contributi comunitari, praticate su larga scala e difficilmente investigabili in modo unitario e sistematico, presentino bassi rischi giudiziari, a fronte di elevatissimi profitti”.

 

 

 

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