• Si è concluso il processo d’Appello denominato Bronx su un traffico di droga a Siracusa
  • Le pene sono state ridotte rispetto al giudizio emesso dal gup in primo grado
  • La banda operava con le vedette per controllare la piazza dello spaccio

I giudici della Corte di Appello di Catania hanno emesso le sentenze nei confronti dei 18 imputati del processo antimafia Bronx per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Le pene, tranne per due, sono state ridotte rispetto alla decisione in primo grado espressa dal gup del Tribunale di Catania, Simona Ragazzi.

Le condanne

20 anni per Francesco Capodieci, Riccardo Di Falco; 19 anni e 4 mesi per  Giancarlo De Benedictis;  8 anni, 10 mesi e 20 giorni per Salvatore Aimone (difeso dall’avvocato Junio Celesti)  Christian Lanteri, Giuseppe Lauretta, Giulio Spicuglia;  9 anni, un mese e 10 giorni per Ignazio Maltese; 7 anni e 4 mesi per  Carmelo Di Natale, Simone Di Stefano, Carmelo Rendis,  Corrado Rizza, Salvatore Aparo, Carmelo Bianca, Giampaolo Mazzeo (questi ultimi due difesi dall’avvocato Junio Celesti) Salvatore Grancagnolo,; 4 anni per  Emanuele Gallaro e Mattia Greco, gli unici a cui è stata confermata la pena in primo grado.

La banda

La  banda, da quanto emerso nell’inchiesta della Dda di Catania, avrebbe avuto il controllo del loro territorio, nel rione del Bronx, nella zona di Bosco Minniti, a nord di Siracusa, grazie all’uso di alcune vedette che segnalavano l’arrivo delle forze dell’ordine. Non c’erano solo dei guardiani posti in cima alle palazzine che comunicavano con fischi o segni convenzionali, evitando di non fare troppo rumore.

Alcuni degli imputati, come svelato dalle forze dell’ordine, avrebbero avuto l’incarico di girare con gli scooter lungo il perimetro del Bronx per intercettare le auto delle forze dell’ordine o mezzi sospetti. Era difficile entrare nel loro quartiere senza essere notati, per cui i carabinieri hanno usato la tecnologia per provare a scardinare questo efficiente sistema difensivo. Sono state montate delle telecamere in punti strategici anche a notevole distanza dalle zone di spaccio ed i filmati hanno consentito di comprendere in che modo la banda si era strutturata.

Il boss pentito

A capo del gruppo c’era Francesco “Cesco” Capodieci, sfuggito insieme ad altri, alla retata del febbraio del 2018 dei carabinieri ma scovato nelle settimane successive in un casolare alle porte di Canicattini Bagni, Comune della zona montana di Siracusa. Circa un mese fa, il boss ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia ed ora vive in una località protetta.