Il Gup del Tribunale di Catania ha assolto Antonino Aparo, indicato dai magistrati della Dda di Catania come il boss del clan Aparo, operante tra Floridia e Solarino, nel Siracusano.

Assolto nel processo San Paolo

E’ questo l’esito del processo che si è celebrato con il rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta denominata San Paolo conclusa nel luglio del 2020 con 25 indagati, accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e usura, tentata estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, aggravati dalla finalità di agevolare il clan Aparo. “Si tratta di un’assoluzione perché il fatto non sussiste” afferma a BlogSicilia l’avvocato Antonino Campisi, difensore dell’imputato.

La tesi dell’accusa

Secondo la tesi dell’accusa, Aparo, nonostante fosse detenuto in carcere, a Milano, avrebbe impartito ordini agli esponenti del clan con delle lettere, inoltre per gli inquirenti, ascoltando le conversazioni di alcuni indagati, tra cui Massimo Calafiore, ritenuto il reggente, sarebbe emerso il ruolo del boss.

Le intimidazioni e l’usura

L’indagine ha avuto origine dopo alcuni incendi avvenuti nel comune di Floridia ai danni delle attività commerciali, tutti accomunati dallo stesso modus operandi. I roghi venivano appiccati agli esercenti che erano caduti nella rete dell’usura: alle vittime era applicati tassi di interesse mensili del 20 per cento, 240% annui.

Il traffico di droga

I soldi dell’usura sarebbero stati investiti per l’acquisto di partite di droga, fornite dai fornite dai catanesi legati, secondo la Dda di Catania, al clan etneo dei Santapaola Ercolano, gruppo di Nicolosi-Mascalucia.

La difesa sulle intercettazioni

La difesa ha contestato, punto per punto, le ricostruzioni della Procura distrettuale di Catania attorno ad Aparo. In merito alle intercettazioni “da un’attenta lettura delle suddette intercettazioni tra gli interlocutori vengono
riferite circostanze imprecise o false senza dare seguito ai discorsi fatti” si legge nella memoria difensiva dell’avvocato Antonino Campisi.

“Aparo chiamato in causa da uno stolto”

Inoltre, secondo la difesa, “Aparo, per colpa di qualche stolto, che vorrebbe accaparrarsi una presunta “leadership” è stato chiamato in causa senza che lo stesso avesse alcun rapporto di confidenza e/o di altro genere con gli interlocutori intercettati” si legge nella memoria difensiva.

La questione delle lettere

In relazione all’accusa che Aparo avrebbe impartito ordini con le lettere, la difesa, nella sua memoria presentata al gup di Catania, ha posto l’accento sulla circostanza che le missive non avrebbero mai contenuto dei messaggi in codice.

“Da un documento si evince che dal 27.09.2017 al 31.12.2017 le lettere inviate dall’indagato hanno tutti come destinatario il figlio, il difensore e alcuni parenti dello stesso, nessun rapporto epistolare con soggetti militanti in organizzazioni criminali”.

La denuncia di Aparo alla Procura

Inoltre,  “preme evidenziare, inoltre, che nel 2011  Aparo ricevette una cartolina da un certo… per mezzo della quale chiese aiuto all’imputato per risolvere alcuni suoi problemi, ebbene l’Aparo immediatamente denunciò alle Autorità giudiziarie tale lettera scrivendo alla Procura della Repubblica e al Magistrato di Sorveglianza competente”