• Al processo per il triplice omicidio a Lentini condannato all’ergastolo il boss Nardo
  • La sentenza per  boss di Lentini emessa dai giudici del Tribunale di Siracusa
  • Determinanti le rivelazioni dei pentiti
  • La difesa contesta che per lo stesso delitto nel 1996 fu condannata un’altra persona

I giudici della Corte di Assise di Siracusa hanno condannato all’ergastolo Nello Nardo, indicato dalla Dda di Catania come il boss della cosca di Lentini, accusato della strage al bar Golden di Lentini, culminata oltre 30 anni fa con l’omicidio di un esponente mafioso, Salvatore Sambasile, e di 2 clienti del locale, Cirino Catalano e Salvatore Motta, estranei alle cosche ma raggiunti dalla pioggia di proiettili.

Un delitto, di cui lo stesso boss sarebbe stato il mandante ma ad inchiodarlo sono stati i pentiti, secondo cui quell’assassinio fu commesso “per fare un favore al boss Nello Nardo di Lentini”.

Le rivelazioni dei pentiti

A testimoniare contro Nardo sono stati due dei quattro esecutori del delitto, Ferdinando Maccarrone e Natale Di Raimondo, catanesi, collaboratori di giustizia. I due killer agirono insieme a Francesco Maccarrone, fratello di Ferdinando, e  Nunzio Cocuzza, pure loro pentiti, e dalle loro ricostruzioni è emerso che a dargli l’ordine di organizzare l’omicidio fu Giuseppe Squillaci, a capo di un gruppo, anch’esso vicino alla famiglia Santapaola.

La strage

L’obiettivo del gruppo di fuoco era Salvatore Sambasile, leader di una banda criminale a Lentini rivale della cosca Nardo: il 10 aprile del 1991, Sambasile si recò in quel bar per un caffè. Il commando, arrivato a bordo di una macchina, un’Alfa 33 risultata rubata ed armato di fucili, aprì il fuoco all’impazzata, uccidendo Sambasile e le altre due vittime, che non c’entravano nulla con il regolamento di conti.

Favori tra cosche

Secondo quanto riferito dai pentiti, c’era una sorta di accordo tra il clan di Lentini e quello catanese per risolvere dei problemi “interni”. Se serviva ammazzare dei rivali nella città etnea, la cosca del boss Nardo avrebbe messo a disposizione i propri sicari e viceversa, come è avvenuto, stando alla tesi della Procura distrettuale antimafia, nel caso della strage al bar Golden.

La contestazione della difesa

“Si tratta di una sentenza, sotto l’aspetto del diritto processuale e penale, abnorme -ha detto a BlogSicilia l’avvocato Giambattista Rizza, difensore di Nardo – perché per lo stesso delitto fu condannato nel 1996 con sentenza della Corte di Assise di Siracusa, passata in giudicato, Sebastiano Sipala”.

 

A cambiare le carte in tavola ci hanno pensato i collaboratori di giustizia, indicando Nardo come mandante. “Una sentenza della Corte di Assise – aggiunge il legale – può perdere efficacia solo se viene revocata dalla Corte di Appello, insomma in caso di revisione del Tribunale di secondo grado. Non si è verificato nel caso in questione, anzi è accaduto che le parti civili hanno ottenuto un doppio risarcimento del danno, uno relativo al processo di 30 anni, l’altro per il giudizio di oggi”