“Ho avuto un dialogo telefonico con il ministro francese ed uno dei temi affrontati è la possibilità per le nostre Marine militari di cooperare sempre di più sul Mediterraneo”.

Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo in videoconferenza a Siracusa al meeting Sicilia, Mediterraneo Europa” organizzato dall’associazione Incontri a Siracusa. Al dibattito, moderato da Tom Kington, corrispondente Times e Defence News, hanno preso parte Matteo Bisceglia, direttore generale di OCCAR, Michele Nones, vicepresidente Istituto Affari internazionali, Vincenzo Camporini, ex Capo di Stato maggiore della Difesa.

La diplomazia militare

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha anche parlato di diplomazia militare.

“Pensiamo alle enormità di cavi, per non parlare – ha detto Crosetto – del gas che transita nel Mediterraneo, per cui non possiamo permetterci eventi come quello accaduto al Nord Stream. Ormai, viviamo in un mondo diverso e questo ci impone una rivoluzione culturale per adeguarci ai cambiamenti ed il Mediterraneo va difeso. Il Mediterraneo è una priorità per l’Italia che deve riscoprire il suo ruolo con l’Africa e con gli altri paesi che sono ad Ovest ed a Est”.

“L’industria della difesa – ha detto Crosetto – è un importante vettore della diplomazia. La possibilità di esportare tecnologia concede la possibilità di instaurare dei rapporti tra paesi. Questa non è una scelta che può fare il ministero della Difesa ma sono di competenza da parte dei paesi”.

Difesa Ue come Nato

Crosetto ha anche auspicato una difesa comune europea sulla scorta dell’esperienza della Nato

“L’ambizione è che l’Europa smetta – ha detto Crosetto – di fare un percorso a singhiozzo in molti settori. La speranza è che si trovi un’unità anche sotto l’aspetto militare, naturalmente ci sono delle difficoltà. Mettere insieme 27 organizzazioni militari diverse, con burocrazie, lingue e scuole di preparazione diverse, non è semplice. Non possiamo pretendere di avere la bacchetta magica, occorre muoversi iniziando a costruire un percorso comune in modo che tutti i corpi militari di ciascuno Stato possano dialogare. Abbiamo, però, un metodo con cui ci siamo organizzati negli anni che si è concretizzato con la Nato, con Stati diversi che hanno trovato un linguaggio unico. Dunque, c’è un modello di riferimento ma il percorso è difficile ma necessario se si vuol mantenere una sovranità europea in settore che sono fondamentali. Ogni nazione europea, tra cui la Germania, è troppo piccola per sobbarcarsi il peso di investimenti in tecnologia militare. Anche su questo versante è iniziato un percorso ma è la strada che va battuta”.

 

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