Le parti civili che si sono costituite nel processo per omicidio di Christian Leonardi, accusato di aver ammazzato la moglie Eligia Ardita e le figlia di 8 mesi in grembo, hanno chiesto ai giudici della Corte di Appello di Catania la conferma dell’ergastolo. I difensori (Loredana Battaglia, Maria Rita D’Amico, Rossella Grande e Pilar Castiglia) nel corso dell’udienza di stamane al palazzo di giustizia di Catania hanno esposto la loro linea e nella prossima udienza, fissata al 29 giugno, spetterà al collegio dell’imputato, rappresentato da Felicia Mancini e Vera Benini, discutere, poi il 13 luglio ci sarà la sentenza.  Il pm di Catania, nella precedente udienza, aveva sollecitato l’ergastolo come in primo grado.

Secondo l’accusa, il delitto, avvenuto nella notte del 19 gennaio del 2015, è maturato a seguito di una lite tra Leonardi e la moglie, una infermiera dell’ospedale Umberto I di Siracusa, scoppiata nella loro abitazione, in via Calatabiano, nella zona nord di Siracusa. Per gli inquirenti, Eligia si sarebbe opposta all’uscita del marito con alcuni amici, scatenando la dura reazione del consorte che  le avrebbe tappato la bocca facendola soffocare con il suo rigurgito. Una tesi contestata in aula dallo stesso imputato che, nel corso dei suoi interrogatori, ha sempre sostenuto di non avere mai avuto contrasti con la moglie, fatta eccezione, in una circostanza, per la scelta dei colori dei mobili di casa ma, in quel caso, si sarebbe trattata di una discussione senza toni accesi.

Per Leonardi,  il decesso è riconducibile all’imperizia dei medici del 118 chiamati da lui stesso a causa di un malore avvertito dalla moglie mentre erano a letto. In effetti, la Procura, in un primo momento, aveva aperto un’inchiesta iscrivendo nel registro degli indagati il personale del 118 ed il ginecologo della donna ma nei mesi successivi, dopo le verifiche dei carabinieri del Ris di Messina nella casa della coppia, lo scenario è mutato, facendo emergere le responsabilità dell’imputato che, dopo essersi autoaccusato del delitto, ha poi ritrattato, sostenendo di essere stato costretto ad addossarsi le responsabilità  per via delle pressioni del fratello e del suo precedente difensore. Ma a far pendere la bilancia dalla parte dell’accusa è stata anche la perizia del medico legale della Procura che avrebbe riscontrato sul capo della vittima delle lesioni.

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