• Processo a Siracusa sull’omicidio di Sebastiano Greco ammazzato a Lentini un anno fa
  • Ha testimoniato in aula l’armiere dei due presunti assassini
  • Ha risposto alle domande del Procuratore di Siracusa

Ha detto di aver dato le armi, 4 pistole, ai due imputati, che poi si sono allontanati in sella ad un ciclomotore.

Omicidio Greco

E’ uno stralcio della testimonianza in aula, davanti ai giudici della Corte di Assise di Siracusa, di Alfio Caramella, 48 anni, lentinese, accusato di aver fornito le armi a Antonino Milone, 37 anni, Antony Shasa Bosco, 29 anni, entrambi alla sbarra per l’omicidio di  Sebastiano Greco, ammazzato a colpi d’arma da fuoco il 10 ottobre dello scorso anno a Lentini, in prossimità di un panificio.

Interrogato dal Procuratore

Il testimone, che ha scelto di rispondere alle domande del Procuratore di Siracusa, Sabrina Gambino, nelle vesti di pubblico ministero, è stato già condannato in primo grado, al termine del processo celebrato con il rito abbreviato a 4 anni ed 8 mesi di reclusione per detenzione e porto illegale di arma da fuoco.

“Mi devi dare le mie cose”

Nel corso della sua deposizione, Caramella ha detto di conoscere bene Antonino Milone, indicato dalla Procura come l’esecutore del delitto, colui che ha premuto il grilletto mentre Bosco (difeso dagli avvocati Junio Celesti e Rosario Frigillito) secondo l’accusa, lo avrebbe aiutato nel suo piano.

“Milone è il padre di mio nipote” ha detto il testimone, il quale ha anche raccontato di essere stato contattato da Milone poco prima del delitto. “Mi devi dare le mie cose, dobbiamo andare lì” ha detto Caramella, il quale ha confermato che in un locale nella sua disponibilità conservava le armi dell’imputato, consegnate 5-6 mesi prima.

Le armi dentro un buco

Quelle armi, come emerso ieri nella deposizione, il 48enne le aveva tenute “in un buco, sopra la porta”. Oltre a Milone, c’era anche Bosc quel giorno, “ed era molto spaventato”. Incalzato dalle domande del pm, Caramella ha risposto che nessuno degli imputati gli avrebbe detto a cosa sarebbero servite le armi.

I momenti successivi al delitto

Dopo l’agguato, i due imputati si sarebbero recati da Caramella. “Se vuoi bene a tuo nipote dammi la macchina” avrebbe detto Milone al testimone, come raccontato da quest’ultimo in aula. In sostanza, l’imputato avrebbe voluto un mezzo per scappare ma il 48enne non lo avrebbe aiutato. “Aveva la pistola in mano ma non mi ha minacciato” ha sostenuto Caramella.

Le cause del delitto

Sul movente di quella spedizione punitiva, una spiegazione l’avrebbe fornita proprio Milone: nel corso di 2 interrogatori, avrebbe spiegato che, nei mesi precedenti al delitto, Greco, ex gestore di un distributore di benzina, avrebbe venduto una partita di cocaina, consegnata alla compagna di Milone, poi, però, posta sotto sequestro.

Ha anche aggiunto che le sue intenzioni non erano di ammazzarlo ma di dargli un avvertimento. I contrasti, secondo lo stesso imputato, sarebbero da attribuire ad una partita di droga persa e sull’eventuale risarcimento. E Milone ha infine assicurato che si sentiva minacciato dalla vittima.