Esattamente tre giorni fa, a Siracusa, uno degli massimi esperti di geopolitica, a margine del meeting internazionale che si è svolto nella città siciliana, aveva risposto, così, sottovoce e lontano dai microfoni, ad una domanda sul futuro della Lukoil: “Le pressioni degli Usa sono forti”.

Il credito che serve a Lukoil

Un’affermazione a poche ora di distanza dalla lettera del Comitato per la sicurezza finanziaria che rassicurava le banche sulla possibilità di concedere credito a Lukoil per acquistare greggio da paesi che non siano la Russia senza il pericolo di incappare nelle sanzioni dell’Ue. Il timore degli istituti, infatti, è di essere accusati di aver favorito, indirettamente, la Russia, finanziando una società vicina al paese di Putin.

L’inchiesta del Wall Street Journal

Nelle ore scorse, quella risposta dell’esperto di geopolitica ha avuto la sua conferma in un articolo del Wall Street Journal, uno dei quotidiani americani più importanti ed influenti, per cui le raffinerie Lukoil, incastonate nel Petrolchimico di Siracusa, consentono al greggio russo, l’unico al momento trattato dal colosso petrolifero, di aggirare le sanzioni americane e di arrivare così negli Stati Uniti, in particolare nel Texas.

Dalla Russia a Siracusa

In un video, il WSJ ha ricostruito il percorso delle navi che dalla Russia giungono nella rada di Augusta, dove ci sono le raffinerie Lukoil. In particolare, nell’inchiesta del quotidiano americano emerge la tratta della Scf Baltica, una nave petroliera di una compagnia sotto il controllo dello Stato russo sanzionata dagli Stati Uniti che trasporta greggio, caricato in un porto della Russia e trasferito alla Lukoil in Sicilia.

Il ruolo di Lukoil negli Usa

Lukoil, però, non è nel libro nero degli Usa, in quanto, secondo quanto scrive Linkiesta, le sanzioni  “prevedono un’eccezione, risparmiando tutti i prodotti di origine russa che hanno avuto «una trasformazione sostanziale» in un altro Paese. E la stessa Lukoil non è stata sanzionata dagli Stati Uniti, mantenendo una presenza sul suolo americano, dove distribuisce prodotti petroliferi a 11 Stati. Può farlo perché il petrolio nel suo viaggio verso l’America si ferma in Sicilia, appunto”.

Il futuro del Petrolchimico

L’articolo del WSL è stato pubblicato in un momento molto caldo. Confindustria e diversi esponenti politici, come l’ex ministro Stefania Prestigiacomo, ritengono la lettera del Comitato per la sicurezza finanziaria insufficiente per garantire le banche.

Senza i soldi degli istituti di credito, Lukoil rischia di saltare per aria, in quanto il 5 dicembre scatterà l’embargo alle importazioni di petrolio dalla Russia. Più che una lettera, Confindustria ritiene necessario l’intervento della Sace, società per azioni del Mise, specializzata nel settore assicurativo e finanziario, che darebbe lo scudo dello Stato italiano alla società proprietaria di Lukoil, la Litasco, che, però, non è italiana al 100%.

Che farà il Governo?

La video inchiesta del WSJ potrebbe, a questo punto, influenzare non solo il giudizio delle banche, piuttosto fredde all’ipotesi di concedere credito a Lukoil, ma anche il Governo italiano, che, con il ministro Urso ha aperto alla possibilità dell’acquisizione delle raffinerie. Del resto, se non si trova una soluzione la fine della produzione nel Petrolchimico aprirebbe uno scenario drammatico sotto l’aspetto economico e sociale non solo nel Siracusano ma in tutta la Sicilia, legatissima all’asset del petrolio.

I fondi Usa su Lukoil

C’è, però, nella partita un altro player: un fondo americano, che, da tempo, ha avviato le trattative per l’acquisto delle raffinerie del Petrolchimico. E si sa che i fondi Usa hanno una certa influenza nella geopolitica, specie se in ballo c’è il petrolio.

 

 

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