Nel processo Tonnara, in corso in Corte di Appello a Catania, il pm ha chiesto la conferma a 10 anni e 6 mesi di reclusione per Alessandro Abela e Massimo Salemi, siracusani, coinvolti nell’operazione antidroga della Direzione distrettuale antimafia di Catania,

Il nome prende spunto dall’area, la ex Tonnara di viale Sana Panagia dove insiste un complesso di palazzine al centro, ormai da anni, di un intenso commercio di stupefacenti.

Il processo spezzato in più tronconi

Il processo si è spezzato in più tronconi, infatti alcuni dei 12 imputati hanno scelto percorsi giudiziari diversi, come due dei principali personaggi dell’inchiesta dei magistrati, Antonio Rizza e Danilo Briante, indicati come i capi del traffico di droga.

I presunti capi della gang

Per gli inquirenti, i due avrebbero dato ordini sulle dosi giornaliere da consegnare agli spacciatori “organizzati in veri e propri “turni di lavoro”, in modo tale da garantire le cessioni di stupefacente senza soluzione di continuità durante l’arco dell’intera giornata”.

Fine processo per Rizza

Il processo, però, si è già concluso per Rizza che ha concordato una pena pari a 18 anni e 6 mesi di reclusione (in primo grado era stato condannato a 24 anni) mentre Danilo Briante, assistito dagli avvocati Licinio La Terra Albanelli e Junio Celesti, è in attesa della sentenza dei giudici della Corte di Appello di Catania.

Richiesta meno pesante per Briante

Il pm, al termine della sua requisitoria, ha chiesto una condanna a 20 anni e sei mesi di reclusione, contro i 28 anni rimediati in primo grado. Altri imputati hanno deciso, come Rizza di concordare la pena, non lo hanno fatto Abela e Salemi, entrambi difesi dall’avvocato Junio Celesti.

Resta in sospeso la posizione dell’imprenditore Gaetano Maieli, il pm ha prodotto ai giudici una misura di prevenzione patrimoniale antimafia emessa nei confronti di Maieli dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania. In particolare, secondo gli inquirenti, avrebbe accumulato proventi illeciti derivanti dallo spaccio di sostanze stupefacenti e con questi, nella tesi delle forze dell’ordine, avrebbe avviato un’attività di ristorazione nella zona del Santuario della Madonna delle Lacrime, a San Giovanni.