Sono stati catturati dalla polizia tre componenti dell’organizzazione criminale finita nell’operazione El Rais della Procura distrettuale antimafia di Catania culminata l’8 aprile scorso con l’arresto di 15 persone, tutte di nazionalità egiziana, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di migranti e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il traffico ed il volume di affari
I tre arrestati erano sfuggiti al blitz e tra di loro c’è il braccio destro del boss, suo nipote, con compiti operativi importanti nella gestione del traffico che avrebbe consentito di far arrivare in Italia almeno 3 mila persone a partire dal 2021 consentendo alla banda di incamerare soldi per un importo di 30 milioni di euro. Assad Ali Gomaa Khodir, detto Abu Sufyen, egiziano ma residente in Turchia che sarebbe uno dei principali player di questo sistema di trasbordo di migranti dall’Asia minore all’Europa.
Le indagini, iniziate nel maggio 2022, furono avviate dopo l’arresto di tre stranieri, giunti clandestinamente al Porto commerciale di Augusta perché ritenuti essere gli “skipper” di un’imbarcazione a vela con a bordo decine e decine di migranti clandestini provenienti dalla Turchia.
Gli sbarchi in Sicilia
La rete era operante tra l’Egitto, la Grecia e la Turchia ma c’era, dalle indagini della polizia e dei magistrati della Dda di Catania, una cellula in Italia e gli sbarchi si era concentrati soprattutto nella Sicilia sud orientale, tra Portopalo di Capo Passero ed Augusta.
Il sistema
Gli accertamenti consentirono di ricostruire la struttura dell’organizzazione che si era dotata di un sofisticato, stabile e ramificato sistema di gestione della immigrazione clandestina dominante sulla rotta del mediterraneo orientale, che prevedeva il reclutamento di skipper professionisti (per la quasi totalità provenienti dall’Egitto), la gestione logistica dei migranti provenienti prevalentemente dal Medio Oriente e dall’Asia (siriani, afghani, palestinesi), la loro provvisoria sistemazione su suolo turco (in attesa della partenza) ed il loro successivo “trasporto” verso le coste italiane a bordo di imbarcazioni a vela appositamente reperite.
Si trattava infatti quasi esclusivamente di barche a vela di circa 12/15 metri – che al massimo avrebbero potuto trasportare circa 20/25 persone – in discrete condizioni di utilizzo, seppur prive di qualsiasi strumento di salvataggio, nelle quali venivano stipate un numero di migranti anche 7/8 volte maggiore.






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