È diventata definitiva la sentenza del Tribunale del Lavoro di Siracusa che ha riconosciuto Francesco Tomasi, meccanico navale della Marina Militare, come vittima del dovere, dopo la sua morte per un tumore polmonare causato dall’esposizione all’amianto avvenuta nel 2017. Lo afferma l’Osservatorio nazionale amianto che ha seguito la vicenda giudiziaria intentata dalla famiglia della vittima.
La vicenda dell’uomo
L’uomo, morto a 52 anni, originario di Catania, aveva prestato servizio per due anni (dal 1984 al 1986) presso il
Maricentro di Taranto e a bordo della nave Intrepido, dove lavorava nei locali motori, circondato da fibre di amianto invisibili e letali che, nonostante fosse ben nota da tempo la pericolosità, respirava quotidianamente, senza tutele, senza dispositivi di protezione individuale.
La diagnosi
Nel giugno del 2017, la diagnosi: tumore al polmone. In solo quattro mesi, nell’ottobre dello stesso anno, Tomasi muore lasciando la moglie e due figli che si sono rivolti all’Osservatorio nazionale amianto per essere assistiti.
Il risarcimento
Come fa sapere l’avvocato Ezio Bonanni, il Ministero della Difesa è stato condannato a versare alla vedova e alla figlia circa 700mila euro complessivi – tra speciale elargizione (300mila euro) e vitalizi arretrati (400mila euro) – oltre a un vitalizio mensile di circa 2.400 euro.
“Sentenza che restituisce frammento di giustizia”
“Questa sentenza restituisce un frammento di giustizia a una famiglia segnata per sempre dalla perdita e dal silenzio istituzionale”, dichiara l’avvocato Bonanni. “Francesco Tomasi è uno dei tanti militari che hanno servito il Paese con onore, inconsapevolmente esposti a una sostanza letale. L’amianto ha ucciso in modo lento e crudele, e ancora oggi le famiglie devono affrontare processi lunghi e dolorosi per vedere riconosciuti i propri diritti. È una doppia ingiustizia che non possiamo più tollerare.”






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