ROMA (ITALPRESS) – In Italia una persona non autosufficiente che vuole essere assistita in casa da una badante può arrivare a spendere 2.641,61 euro al mese, che diventano 29.783,14 euro all’anno: il costo comprende la regolare assunzione di una lavoratrice a tempo pieno in regime di convivenza ma anche quello di una sostituta, necessaria per coprire i giorni e le ore di riposo previsti obbligatoriamente dal CCNL. Sono questi i risultati di uno studio elaborato da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, presentato in occasione dell’evento “Nuove prospettive per la non autosufficienza: tra raccomandazioni dell’EU Care Strategy e la riforma del Disegno di Legge Delega italiano”, organizzato a Roma, presso la sala Einaudi di Confedilizia.
Nel dettaglio, il costo di una badante convivente assunta a tempo pieno (54 ore settimanali) inquadrata a livello Cs (per persona non autosufficiente) ammonta mensilmente a 1.516,98 euro (17.117,46 l’anno). In questa cifra non rientra solo la retribuzione della lavoratrice ma anche il rateo della tredicesima, del Tfr e delle ferie e i contributi trimestrali Inps e Cassacolf. Ancora più alto il costo per l’assunzione di una lavoratrice non convivente che copra un lungo orario: per averne una 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana (40 ore settimanali) si spendono al mese 1.695,71 euro (19.112,65 l’anno).
Se, tuttavia, come avviene in molti casi, l’esigenza è quella di avere un’assistenza continua (7 giorni su 7), oltre alla lavoratrice convivente dovrà essere assunta una badante in sostituzione: le formule più richieste sono quelle per ore 15 settimanali (necessarie a coprire la mezza giornata di riposo e la domenica cui ha diritto la lavoratrice titolare), o per 25 ore settimanali (che oltre alla mezza giornata e alla domenica coprano anche le due ore giornaliere di riposo). Nel primo caso il costo netto mensile della sostituta è pari a 704,03 euro (7.950,41 l’anno); nel secondo si arriva a 1.124,63 euro mensili (12.665,68 annui). Sommando, quindi, i costi della badante titolare a tempo pieno e quelli della sostituta, nella migliore delle ipotesi la famiglia può arrivare a spendere mensilmente 2.221,01 euro, che all’anno diventano 25.067,87 euro (sostituto per 15 ore) o, nella peggiore (sostituto 25 ore) di ben 2.641,61 euro al mese, che diventano 29.783,14 euro all’anno.
“La cosa incredibile – dice Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – è che le famiglie sostengono questi costi in modo totalmente autonomo, senza un reale intervento da parte dello Stato. Infatti, l’attuale sistema fiscale consente ai datori di lavoro domestico di portare in deduzione solo una quota dei contributi versati all’Inps (per un massimo di 1.549,37 euro l’anno) e di detrarre una minima parte di quello che si spende per lo stipendio della badante, ma solo in presenza di redditi sotto i 40mila euro: nello specifico il 19% di 2.100 euro, ovvero 399 euro l’anno e questo a fronte di costi che, come abbiamo visto, non è raro che annualmente possano arrivare anche alla soglia dei 30mila euro”.
“Ecco perchè – prosegue – un eventuale ritocco al ribasso delle tax expenditures sarebbe assolutamente in contrasto con le reali esigenze delle famiglie che, al contrario, chiedono la totale deduzione del costo domestico, un’arma formidabile anche per la lotta al lavoro nero. D’altro canto confidiamo nel cammino istituzionale del Disegno di Legge Delega che, nel testo recentemente approvato, prevede una Prestazione Universale per la Non Autosufficienza. Un’indennità alternativa a quella di accompagnamento, con un ammontare graduato in base al fabbisogno assistenziale dell’anziano, senza vincoli d’uso, quindi utilizzabile anche per i servizi alla persona e maggiorabile nel caso di una fruizione tracciata: un modo questo per disincentivare l’utilizzo dei sostegni statali per pagare il ‘nerò”.
“L’appello che rivolgiamo al Governo – conclude il presidente di Assindatcolf – è quello di valorizzare sempre più, all’interno del processo di riforma, il ruolo delle famiglie e la professionalità delle assistenti familiari, le ‘badantì, figure ormai fondamentali nell’organizzazione della domiciliarità e quindi nel sistema di welfare di questo Paese”.
Nel dettaglio, il costo di una badante convivente assunta a tempo pieno (54 ore settimanali) inquadrata a livello Cs (per persona non autosufficiente) ammonta mensilmente a 1.516,98 euro (17.117,46 l’anno). In questa cifra non rientra solo la retribuzione della lavoratrice ma anche il rateo della tredicesima, del Tfr e delle ferie e i contributi trimestrali Inps e Cassacolf. Ancora più alto il costo per l’assunzione di una lavoratrice non convivente che copra un lungo orario: per averne una 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana (40 ore settimanali) si spendono al mese 1.695,71 euro (19.112,65 l’anno).
Se, tuttavia, come avviene in molti casi, l’esigenza è quella di avere un’assistenza continua (7 giorni su 7), oltre alla lavoratrice convivente dovrà essere assunta una badante in sostituzione: le formule più richieste sono quelle per ore 15 settimanali (necessarie a coprire la mezza giornata di riposo e la domenica cui ha diritto la lavoratrice titolare), o per 25 ore settimanali (che oltre alla mezza giornata e alla domenica coprano anche le due ore giornaliere di riposo). Nel primo caso il costo netto mensile della sostituta è pari a 704,03 euro (7.950,41 l’anno); nel secondo si arriva a 1.124,63 euro mensili (12.665,68 annui). Sommando, quindi, i costi della badante titolare a tempo pieno e quelli della sostituta, nella migliore delle ipotesi la famiglia può arrivare a spendere mensilmente 2.221,01 euro, che all’anno diventano 25.067,87 euro (sostituto per 15 ore) o, nella peggiore (sostituto 25 ore) di ben 2.641,61 euro al mese, che diventano 29.783,14 euro all’anno.
“La cosa incredibile – dice Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – è che le famiglie sostengono questi costi in modo totalmente autonomo, senza un reale intervento da parte dello Stato. Infatti, l’attuale sistema fiscale consente ai datori di lavoro domestico di portare in deduzione solo una quota dei contributi versati all’Inps (per un massimo di 1.549,37 euro l’anno) e di detrarre una minima parte di quello che si spende per lo stipendio della badante, ma solo in presenza di redditi sotto i 40mila euro: nello specifico il 19% di 2.100 euro, ovvero 399 euro l’anno e questo a fronte di costi che, come abbiamo visto, non è raro che annualmente possano arrivare anche alla soglia dei 30mila euro”.
“Ecco perchè – prosegue – un eventuale ritocco al ribasso delle tax expenditures sarebbe assolutamente in contrasto con le reali esigenze delle famiglie che, al contrario, chiedono la totale deduzione del costo domestico, un’arma formidabile anche per la lotta al lavoro nero. D’altro canto confidiamo nel cammino istituzionale del Disegno di Legge Delega che, nel testo recentemente approvato, prevede una Prestazione Universale per la Non Autosufficienza. Un’indennità alternativa a quella di accompagnamento, con un ammontare graduato in base al fabbisogno assistenziale dell’anziano, senza vincoli d’uso, quindi utilizzabile anche per i servizi alla persona e maggiorabile nel caso di una fruizione tracciata: un modo questo per disincentivare l’utilizzo dei sostegni statali per pagare il ‘nerò”.
“L’appello che rivolgiamo al Governo – conclude il presidente di Assindatcolf – è quello di valorizzare sempre più, all’interno del processo di riforma, il ruolo delle famiglie e la professionalità delle assistenti familiari, le ‘badantì, figure ormai fondamentali nell’organizzazione della domiciliarità e quindi nel sistema di welfare di questo Paese”.
– foto xc3/Italpress –
(ITALPRESS).
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