- In Italia manca una visione strategica d’insieme per l’impresa privata e una vera e propria politica industriale
- Lo sostiene Arturo Artom, consulente economico ed esperto in tecnologie, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia di stampa Italpress
- Artom sottolinea le difficoltà delle pmi e delle partite iva, soprattutto in questa fase di emergenza economica determinata dalla pandemia
ROMA (ITALPRESS) – “Bisogna iniziare a dare una visione per l’impresa privata del Paese, a mio parere questo è quello che manca”. Lo ha detto Arturo Artom, consulente economico ed esperto in tecnologie, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di stampa Italpress.
“Siamo il paese – ha spiegato – delle 4-4,5 milioni di partite Iva. Tutti i nostri stipendi sono pagati dal prodotto interno lordo fatto dal privato. Le pmi in fondo sono ancora qualcosa di sconosciuto”, ha sottolineato spiegando come questo si sia visto soprattutto durante l’emergenza della pandemia. “Sono stati garantiti molto i dipendenti – ha aggiunto Artom – ma la parte imprenditoriale che ha un rischio e che deve pagare 15-20 buste paga non si è sentita molto supportata. Non c’è la cultura di cosa voglia dire gestire una piccola e media impresa, che significa girarsi e non avere nessuno dietro”.
“Il Recovery plan – ha affermato – ce l’abbiamo già. Quest’anno abbiamo fatto un deficit di circa 10 punti. Il deficit normale annuo era il 2-3%. Si è puntato quasi esclusivamente sui sussidi andando a garantire lo stipendio a tutti i dipendenti pubblici e quasi tutti i dipendenti privati”.
Per Artom “non si è pensato molto alla parte degli investimenti e soprattutto a come iniziare a girare queste decine di miliardi per fare in modo che creino di nuovo lavoro e investimenti, quando l’emergenza Covid finirà”.
“Bisogna valorizzare le quattro-cinque mila medie imprese che hanno un migliaio di dipendenti, che esportano, che realizzano una componente del prodotto che poi viene venduto dalla grande multinazionale straniera. Queste aziende, le famose multinazionali tascabili – ha continuato -, sono quelle che possono a loro volta tirare su i propri fornitori, milioni di partite Iva che stanno dietro. Bisogna avere una cultura industriale su questo. Di queste cose non se ne sente mai parlare. Capendole e conoscendole meglio si può fare politica industriale”.
(ITALPRESS).
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