ROMA (ITALPRESS) – “I 16,4 miliardi di euro assegnati dal Pnrr alla costruzione di opere infrastrutturali strategiche sono oggi a rischio”. E’ l’allarme lanciato da esperti del settore in merito al Piano nazionale di ripresa e resilienza alla luce dell’aumento dei prezzi di materie prime e carburante seguito in particolare allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina. “Sono bastate poche settimane perchè gli orizzonti politici e con essi quelli economici cambiassero profondamente, riaprendo la questione costi per la realizzazione di quelle opere strategiche indicate dal governo Draghi – spiegano -. Eppure, basterebbero oggi appena 500 milioni di euro ulteriori rispetto a quanto gia stanziato dal Governo per coprire gli extra costi ed evitare il rischio di un rallentamento nella costruzione delle opere infrastrutturali previste dal PNRR”.
Secondo gli esperti “la questione centrale riguarda appunto l’aumento dei costi, tema centrale sul quale i meccanismi di compensazione ad oggi previsti in Italia non sono ancora sufficienti. Serve un meccanismo di revisione ulteriore che tenga conto di tutti gli aspetti (molti dei quali ulteriormente esplosi con l’invasione russa dell’Ucraina) che le imprese sono chiamate a fronteggiare”. La prima questione, sottolineano, “riguarda l’aumento del costo delle materie prime e in particolare dell’acciaio che in pochi mesi ha registrato un incremento insostenibile. Stesso discorso è aperto sul fronte del carburante, materia prima essenziale nei cantieri italiani, che – nonostante l’impegno del governo a controllare i rincari – ha raggiunto livelli di guardia per gli autotrasportatori, impattando sui cosiddetti costi indiretti”.
Ma l’aumento dei costi, avvertono, “si accompagna anche alla saturazione della capacità produttiva dei produttori che genera un allungamento dei tempi di consegna, e quindi solleva un rischio evidente di non rientrare nel termine del 2026 indicato dall’Unione europea per la consegna delle opere”. Inoltre, la questione “riguarda tutta la filiera delle piccole e medie imprese, impegnate insieme ai grandi gruppi sui cantieri più importanti ed esposte a difficoltà finanziarie legate proprio all’aumento dei prezzi che non riescono piu a sostenere”.
“Neutralizzare l’impatto negativo degli incrementi – si evidenzia nell’analisi – è una prassi attivata in moltissimi paesi europei così come da tutte le grandi istituzioni internazionali, dalla Banca Mondiale alle Nazioni Unite fino all’Unione europea, che riconoscono sistemi di calmierazione dei costi per i costruttori delle grandi opere, sistemi che – alla luce della situazione contingente – diventano indispensabili anche in Italia”.
Per gli esperti bisogna dunque “implementare anche in Italia un sistema per la neutralizzazione degli incrementi e riduzioni dei costi allineato ai migliori standards mondiali che rifletta in modo neutrale l’effettivo aumento (o riduzione) dei costi nel prezzo dell’opera, senza che tale aumento (o riduzione) debba costituire un insostenibile aggravio (o improduttivo guadagno) di costo per il sistema industriale”.
Ad oggi, concludono gli esperti, “per coprire questi extra costi sarebbero necessari quindi 500 milioni di euro, meno del 3% dei 16 miliardi stanziati, essenziali per garantire che continui a correre spedito l’iter di costruzione di grandi opere di cui l’Italia ha bisogno”.
(ITALPRESS).
Secondo gli esperti “la questione centrale riguarda appunto l’aumento dei costi, tema centrale sul quale i meccanismi di compensazione ad oggi previsti in Italia non sono ancora sufficienti. Serve un meccanismo di revisione ulteriore che tenga conto di tutti gli aspetti (molti dei quali ulteriormente esplosi con l’invasione russa dell’Ucraina) che le imprese sono chiamate a fronteggiare”. La prima questione, sottolineano, “riguarda l’aumento del costo delle materie prime e in particolare dell’acciaio che in pochi mesi ha registrato un incremento insostenibile. Stesso discorso è aperto sul fronte del carburante, materia prima essenziale nei cantieri italiani, che – nonostante l’impegno del governo a controllare i rincari – ha raggiunto livelli di guardia per gli autotrasportatori, impattando sui cosiddetti costi indiretti”.
Ma l’aumento dei costi, avvertono, “si accompagna anche alla saturazione della capacità produttiva dei produttori che genera un allungamento dei tempi di consegna, e quindi solleva un rischio evidente di non rientrare nel termine del 2026 indicato dall’Unione europea per la consegna delle opere”. Inoltre, la questione “riguarda tutta la filiera delle piccole e medie imprese, impegnate insieme ai grandi gruppi sui cantieri più importanti ed esposte a difficoltà finanziarie legate proprio all’aumento dei prezzi che non riescono piu a sostenere”.
“Neutralizzare l’impatto negativo degli incrementi – si evidenzia nell’analisi – è una prassi attivata in moltissimi paesi europei così come da tutte le grandi istituzioni internazionali, dalla Banca Mondiale alle Nazioni Unite fino all’Unione europea, che riconoscono sistemi di calmierazione dei costi per i costruttori delle grandi opere, sistemi che – alla luce della situazione contingente – diventano indispensabili anche in Italia”.
Per gli esperti bisogna dunque “implementare anche in Italia un sistema per la neutralizzazione degli incrementi e riduzioni dei costi allineato ai migliori standards mondiali che rifletta in modo neutrale l’effettivo aumento (o riduzione) dei costi nel prezzo dell’opera, senza che tale aumento (o riduzione) debba costituire un insostenibile aggravio (o improduttivo guadagno) di costo per il sistema industriale”.
Ad oggi, concludono gli esperti, “per coprire questi extra costi sarebbero necessari quindi 500 milioni di euro, meno del 3% dei 16 miliardi stanziati, essenziali per garantire che continui a correre spedito l’iter di costruzione di grandi opere di cui l’Italia ha bisogno”.
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