ROMA (ITALPRESS) – Gli Stati Uniti avevano deciso di ritirarsi dall’Afghanistan “con l’amministrazione precedente e Biden ha confermato quell’accordo. Sono scelte in cui l’Europa è comprimaria, il cui risultato è un ritiro precipitoso, senza condizioni. Ed è la conferma di una tendenza che viene da lontano. Che siamo tutti felici della ritrovata collaborazione fra Stati Uniti e Unione europea con il presidente Biden, ma lui è almeno il terzo presidente americano di seguito a scegliere i propri impegni geopolitici in base a priorità strettamente nazionali. Non lo fa certo sulla base di ambizioni comuni agli alleati occidentali. Con Biden un’agenda comune esiste, però le sue scelte nascono in America e per l’America”. Lo afferma Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari europei, in un’intervista al Corriere della Sera.
Secondo Amendola “l’Europa non può più stare a guardare aspettando le scelte degli altri. Si pone un tema di autonomia strategica e di visione delle nostre priorità. Quel che emerge in queste ore è paradossale: noi europei guardiamo alla politica estera solo attraverso il filtro dell’immigrazione. Lo abbiamo fatto rispetto alla Siria, lo facciamo sempre con le crisi africane, lo stiamo facendo riguardo all’Afghanistan. Sembra che un problema geopolitico si imponga alla nostra attenzione solo se implica – o temiamo – l’arrivo di rifugiati ai nostri confini”.
“L’Unione europea non ha una politica estera, questo è il dramma. Nasciamo sui valori della pace e della sicurezza, ma da vent’anni ci siamo chiusi dentro i nostri confini”, aggiunge Amendola, che spiega: “Ha ragione il commissario Ue Paolo Gentiloni: i Trattati europei offrono già oggi alternative al vincolo dell’unanimità. E’ possibile fare una politica estera europea senza dover subire i veti da chi non ci sta”.
“Mi pare che l’Italia mostri la reazione giusta, con il lavoro di Mario Draghi alla presidenza del G20. Dobbiamo andare oltre le dichiarazioni vuote – afferma ancora Amendola -: è il momento di aprire gli occhi e cambiare passo, spingendo su una politica estera e di sicurezza comuni con chi ci sta. Un esercito comune europeo non è più rinviabile”.
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