“Avverso al provvedimento del tribunale di Trapani nei confronti del signor Gianfranco Becchina presenteremo ricorso in appello”. Lo ha detto Tiziana Pugliesi, legale dell’imprenditore di Castelvetrano, di 83 anni, destinatario di un provvedimento di confisca dei beni su proposta della Procura di Palermo eseguito due giorni fa.

Riconosciuta la “non pericolosità”

“Il tribunale di Trapani ha disposto la confisca dei beni ma ha rigettato la richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale riconoscendo la non attualità della pericolosità in capo al mio assistito”, ha concluso l’avvocato. La Dia ha eseguito il decreto di confisca emesso su proposta della Procura di Palermo che riguarda un ingente patrimonio mobiliare, immobiliare e societario. Il provvedimento della sezione penale e misure di prevenzione del tribunale di Trapani ha accolto la ricostruzione accusatoria della formazione illecita dell’intero patrimonio del commerciante che era stato sequestrato del novembre 2017.

Il valore dei beni

I beni hanno un valore di oltre 10 milioni di euro. Sono stati sottoposti a confisca: 2 compendi aziendali, 38 fabbricati, 4 automezzi, 24 terreni, nonché appartamenti ed uffici, molti dei quali facenti parte dello storico settecentesco Palazzo dei Principi Tagliavia-Aragona-Pignatelli di Castelvetrano, nel trapanese.

Il suo nome

La prima volta il nome di Becchina venne fuori nel 2017 quando la Dia eseguì nei suoi confronti il provvedimento di sequestro dei beni. Ad emergere anche, nel più ampio quadro di questa vicenda, il fatto che ci fosse un interesse della mafia trapanese per i reperti archeologici, secondo le rivelazioni che all’epoca vennero fatte dal collaboratore di giustizia marsalese Concetto Mariano. Il pentito aveva dichiarato di aver ricevuto l’incarico dai vertici del suo mandamento mafioso di trafugare addirittura il Satiro danzante, reperto archeologico conservato a Mazara del Vallo, ma poi saltò tutto per non precisati motivi. Ad ordinare quel furto sarebbe stato nientedimeno che Matteo Messina Denaro, che avrebbe poi provveduto a commercializzarlo ‘attraverso sperimentati canali svizzeri”.

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