Il tribunale di Trapani va oltre alle richieste della Procura, 11 le condanne per 12 degli imputati al processo per lo spaccio di droga nella Trapani bene. Oltre un secolo di carcere complessivi per quella che è stata definita un’organizzazione che metteva a disposizione una quantità enorme di stupefacente. Soprattutto cocaina. Tra i clienti per lo più stimati professionisti. In giacca e cravatta al mattino mentre la notte si trasformavano in sfrenati consumatori.

Ai capi le pene più pesanti

Le condanne più pesanti per i presunti capi dell’organizzazione dedita al traffico di droga. Si tratta di Massimiliano Voi, Annibale Baiata e Mariano Galia, condannati rispettivamente a 30 anni, 22 anni e 2 mesi e 21 anni e  4 mesi. Ecco le altre condanne: Antonio Voi a 11 anni; Giuseppe Rinaudo 10 anni; Crispino Erice 6 anni; Salvatore Damiano 5 anni e 2 mesi; Francesco Paolo Salerno 4 anni e 8 mesi; Giuseppe Costa, Mario Papa e Francesco Fiorino a 3 anni e 3 mesi ciascuno. Unico assolto Dario Mighali perché “il fatto non costituisce reato”.

Il maxi trasporto di stupefacente

L’operazione scattò nel 2014 e vide in primo piano Massimiliano Voi e Mariano Galia. Ad essere messa in campo un’articolata operazione antidroga della squadra mobile di Trapani e dalla sezione di polizia giudiziaria della Procura trapanese. La polizia accusò Voi, in concorso con altri indagati, dell’acquisto a Palermo nel maggio 2012 di oltre 15 chili di hashish. Stupefacente che poi l’organizzazione trasportò a Trapani per destinarlo al mercato dello spaccio locale. All’interno del box nella disponibilità di Voi furono trovati circa 10 grammi di cocaina e 120 di hashish, oltre ad un bilancino di precisione, sostanza da taglio e 2.400 euro in contanti. A Mariano Galia nell’auto furono trovati 50 grammi di cocaina e un pezzo di hashish.

Il sistema

Si trattava di un’organizzazione ben oleata dove ognuno aveva un suo ruolo. Non solo i capi che tenevano i contatti ma anche l’autista e soprattutto i pusher che poi avevano il compito di smistare la droga nei locali della movida. I grossi quantitativi arrivavano dalla Calabria dove vi erano ingenti rifornimenti. Ad emergere nel corso dell’inchiesta che tra i clienti vi erano noti professionisti di un certo rango. Avevano grosse disponibilità economiche e proprio loro erano i maggiori acquirenti.

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