La Cassazione ha confermato la condanna a 12 anni di carcere inflitta per associazione mafiosa e tentativo di estorsione aggravata in concorso a Vito Turriciano, 72 anni, di Castellammare del Golfo (Tp).

Il processo è quello scaturito dall’operazione antimafia di Dda e carabinieri “Cemento del Golfo” (marzo 2016) e la prima sentenza, il 7 febbraio 2017, fu quella del gup di Palermo Fabrizio Anfuso, che con rito abbreviato condannò Turriciano a 12 anni di reclusione, nonché ad una serie di pene accessorie, tra le quali la libertà vigilata, per un periodo non inferiore a tre anni, dopo l’uscita dal carcere.

L’indagine “Cemento del Golfo” consentì di smantellare il clan capeggiato dal boss Mariano Saracino, 71 anni, ritenuto il “ministro delle finanze” della mafia castellammarese, già condannato per mafia e che dopo essere tornato in libertà aveva subito ripreso in mano, secondo l’accusa, le redini della “famiglia” di Castellammare del Golfo. Estendendo gli interessi di quest’ultima anche al settore del cemento, imponendo le forniture delle imprese amiche.

Nel novembre 2016, Mariano Saracino è stato rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Trapani insieme all’imprenditore alcamese Vincenzo Artale e a Vito e Martino Badalucco, padre e figlio. Il processo è ancora in corso. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto. Vincenzo Artale è accusato di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, ma fino a pochi mesi prima dell’arresto era membro dell’associazione antiracket e antiusura di Alcamo.