E’ presidiato dalle 5 del mattino il cimitero di Castelvetrano dove è atteso l’arrivo della salma di Matteo Messina Denaro. Tutte le entrate del camposanto, sono chiuse e controllate dalle forze dell’ordine.

La salma di Matteo Messina Denaro è arrivata al cimitero di Castelvetrano alle ore 8,10. Il carro funebre, scortato da auto della polizia, ha fatto ingresso da uno dei due cancelli di via Marsala. Al seguito tre auto di parenti, tra i quali la nipote-avvocato Lorenza Guttadauro che ha seguito lo zio durante la malattia. Dietro il carro funebre sono entrati anche le sorelle del boss Bice e Giovanna e il fratello Salvatore che teneva in mano un mazzo di margherite gialle. Tra i parenti anche Vincenzo Panicola (marito di Patrizia Messina Denaro che è in carcere insieme alla sorella Rosalia) e alcuni nipoti del boss.

La salma partita ieri sera

E’ partito in serata da L’Aquila il carro funebre che trasporta la salma del boss in Sicilia. Il corpo è stato consegnato agli impresari circa un’ora dopo la fine dell’autopsia. L’esame è stato eseguito, in un ambulatorio dell’ospedale dell’Aquila presidiato dalle forze dell’ordine, dal medico legale Cristian D’Ovidio, professore universitario a Chieti, nominato di concerto dalla procura dell’Aquila e da quella di Palermo. Il perito si è riservato di consegnare una dettagliata relazione alla magistratura.

Il carro funebre venuto dalla Sicilia

A prelevare la salma è stata una agenzia funebre di Castelvetrano incaricata dalla famiglia. Il carro era arrivato nel pomeriggio a L’Aquila portando anche una bara in cedro scelta proprio dai familiari.

Delle pratiche burocratiche per il nulla osta al trasporto si è occupata una ditta aquilana scelta di concerto con la Questura. Il viaggio verso la Sicilia è durato tutta la notte e il carro funebre è stato scortato da un imponente sistema di sicurezza.

La sepoltura del capo mafia

Il boss viene sepolto nella cappella di famiglia accanto al padre, morto in latitanza. La stessa cappella di famiglia nella quale gli inquirenti piazzarono le microspie nella speranza di ottenere notizie sul rifugio di Diabolik come veniva chiamato, cimici poi scoperte dai familiari del boss

Castelvetrano vuole, però, che questa giornata passi presto per lasciarsi alle spalle tutto questa vicenda. Una città divisa, una comunità in pena. Da una parte chi è vicino alla famiglia del boss dall’altra chi si indigna anche per la semplice scelta di far tornare la salma in Paese. Nel mezzo le polemiche esplose dopo una omelia di un prete di Mazara del Vallo che pur condannando le efferate azioni criminali commesse in vita, ha chiesto ai fedeli di pregare, nella morte, per l’anima del boss che adesso dei suoi peccati non deve più rispondere davanti agli uomini ma davanti a Dio ma il Vescovo di Mazara non ci sta “Ha calpestato il volto di Dio, dice, togliendo la vita agli altri”

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